Legge provinciale sul biologico, i Biodistretti restano delusi: “Serve più coraggio”
La presa di posizione comune dei presidenti: “La giunta va nella giusta direzione ma quel provvedimento non è sufficiente nemmeno per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione europea per il 2030”
TRENTO. La proposta di una nuova legge sul biologico approvata dalla Giunta provinciale di Trento non è quanto i Biodistretti si aspettavano, anzi è considerata un’occasione mancata per fare del Trentino un vero laboratorio della sostenibilità ambientale, sociale economica. E’ questa la valutazione unanime dei tre presidenti dei biodistretti esistenti in Trentino, Giuliano Michelotti (Biodistretto Trento), Michele Bortoli (Biodistretto Valle dei Laghi) e Loris Cimonetti (Biodistretto Valle di Gresta).
La presa di posizione è stata presa in un incontro moderato da Walter Nicoletti che ha auspicato che una nuova legge sul biologico sia un vero rilancio dell’agricoltura sostenibile. “Noi volevamo una legge fosse un segnale forte di cambiamento reale, il Ddl della Giunta Provinciale va nella giusta direzione ma non è sufficiente nemmeno per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione europea per il 2030” ha affermato Loris Cimonetti.
Dal canto suo Giuliano Michelotti ha sottolineato come il Trentino abbia bisogno di una legge più coraggiosa anche perché si tratta di un investimento per il nostro territorio che assicura una positiva ricaduta per tutto il Trentino. “Siamo di fronte di un Ddl scarno che necessita di molte integrazioni ha concluso e noi come referenti dei produttori biologici siamo pronti per dare il nostro contributo in sede di discussione in Consiglio Provinciale, ma ancor prima con l’assessore Giulia Zanotelli”.
Secondo Michele Bortoli “i Distretti sono portatori di interessi che riguardano l’intero Trentino che vorremmo che entrassero nella legge provinciale. In coro i presidenti hanno esclamato che sono pronti ad un confronto a tutto campo che deve però essere molto coraggioso. In merito alle risorse se i 900 mila euro stanziati per quest’anno sono un buon riconoscimento, nulla si sa sul finanziamento per i prossimi anni. Anche questo aspetto dovrebbe venir disciplinato in legge. Diversamente l’obiettivo dell’Unione europea di raggiungere per il 2030 il 25% di biologico nell’agricoltura trentina rimarrà una pia illusione”.
La legge nei fatti
Nei fatti quella che poteva e doveva rappresentare una pietra miliare nella storia dell’agricoltura biologica trentina e che poteva disegnare un profilo innovativo e finalmente identitario del settore si è ridotta ad una generica integrazione dalle direttive europee in tema di ambiente, agricoltura, economia e sviluppo che fissano, per esempio, l’aumento del biologico.
Le nuove politiche agricole comunitarie prevedono inoltre maggiori incentivi per l’agricoltura biologica unitamente a fondi per il Green Deal (biodiversità, lotta agli inquinamenti e progetti di economia sostenibile), per il programma Farm to Fork (dalla fattoria alla tavola per una sana alimentazione) e per il Piano sulla biodiversità (aumento delle aree naturali e lotta agli inquinamenti).
Per il momento storico che stiamo vivendo, contrassegnato dall’esigenza di rilanciare l’economia circolare e un’autentica sostenibilità ambientale, sarebbe stato opportuno promuovere una legge ad hoc per sancire la volontà della Provincia di riconoscere concretamente il valore sociale, ambientale ed economico dell’agricoltura biologica e non limitarsi a integrare la legge 4/2003.
Un dispositivo che fosse occasione di un approfondito confronto sui temi che vengono portati avanti da anni in modo laico e mai ideologico, con passione e competenza e che hanno portato nell’ultimo anno, per fare un esempio fra i tanti, al riconoscimento dei Tre Bicchieri del Gambero Rosso a cinque aziende aderenti ai Biodistretti. Fatto che ha contribuito a dare lustro non solo alle imprese, ma a tutto il Trentino.
Negata la partecipazione
Noi, hanno affermato in coro i presidenti, immaginavamo una legge veramente partecipata che rispondesse alle richieste della società civile e ai bisogni delle nostre comunità e non percorresse la strada della tattica politica che di fatto ha svuotato le osservazioni che abbiamo presentato al d.d.l. del loro significato profondo, frutto del lavoro di settimane da parte dei Biodistretti per arrivare preparati e con proposte ponderate al confronto istituzionale ed avviare così un serio percorso di concertazione.
In sostanza questa legge doveva e poteva diventare un modello per tutta l’Italia che metteva assieme esperienza, visione e volontà politica si è rivelato un dispositivo inadeguato per dare risposte concrete alle istanze della società civile, inclinando il principio di responsabilità che troppo spesso la politica dimentica o vuole dimenticare.