Vitalizi, la polemica a scoppio ritardato

La riforma è del settembre 2012, ma nessuno ne aveva svelato gli effetti Anche così però pensioni da 800 euro con appena cinque anni di “lavoro”



TRENTO. Lo spartiacque è costituito dalla legge regionale numero 6 del 2012 approvata dal Consiglio regionale il 18 settembre di due anni fa. “Trattamento economico e regime previdenziale dei membri del Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige”, recita il titolo. Il provvedimento, promulgato proprio nei giorni più caldi dello scandalo dei rimborsi del Consiglio regionale del Lazio, con l’Italia intera a seguire indignata le spese pazze di Fiorito “er Batman”, fu fortemente voluto dall’allora presidente dell’assemblea Rosa Thaler, anche contro le posizioni del suo stesso partito, la Volkspartei. In sostanza, andava ad abolire il regime dei vitalizi di cui hanno usufruito per decenni gli ex consiglieri regionali. Con un risultato concreto per le casse pubbliche: il risparmio per gli anni a venire di circa 5 milioni di euro l’anno per la copertura di assegni vitalizi e di reversibilità. E allora perché le polemiche di questi giorni? Sostanzialmente perché nessuno allora si era preoccupato di illustrare quanto sarebbe accaduto nel concreto: la restituzione cioè agli ex consiglieri che avevano già accesso al vitalizio di quanto dovuto a titolo di differenza fra il nuovo trattamento e quanto invece già maturato. Ed è un giochino da una cinquantina di milioni. Comunque sia, va segnalata la notevole sproporzione tra le pensioni d’oro di una volta (anche oltre 6 mila euro netti) e quelle degli attuali consiglieri, finalmente legate al sistema contributivo: comunque 800 euro per una sola legislatura, cifra comunque invidiabile con i tempi che corrono.

Le regole attuali. Valgono a tutti gli effetti solo per chi è stato eletto per la prima volta nel 2013. Si tratta delle medesime norme applicate ora anche ai parlamentari. la pensione è calcolata con il sistema contributivo: il montante previdenziale è pari al 33% dell’indennità mensile lorda (che è di 9.800 euro), con il consigliere che versa l’8,8% e la Regione il restante 24,2, come accade per i dipendenti pubblici. Il che va comunque a “creare” una pensione ragguardevole: per una sola legislatura, con un versamento totale di 14 mila euro, a 65 anni si andrà a percepire un pensione di circa 800 euro lordi al mese, 1.600 invece in caso di due legislature, 2.400 per tre e così via. Cifre comunque altissime rispetto ad altri lavoratori.

Gli eletti del 2008. La riforma vale anche per chi è entrato per la prima volta in Consiglio nel 2008, ma con una differenza non da poco. Anche i consiglieri della 14esima legislatura godranno della pensione sopra indicata, ma nelle scorse settimane hanno ricevuto un “bonus” di 210 mila euro, pari a quanto avevano maturato di Fondo pensione in seguito alla riforma precedente, approvata a fine 2008. Il vitalizio in vigore in precedenza era già stato modificato con l’inserimento di norme più restrittive, come quella che prevedeva che venisse corrisposto solo ai consiglieri che avessero ricoperto almeno due mandati. A un certo punto veniva alimentato attraverso una trattenuta in busta paga del consigliere pari al 30% della sua indennità e un versamento, sempre del 30%, da parte della Regione. Nella penultima legislatura, però, la quota della Regione è scomparsa ed è rimasto il 30% a carico del consigliere, circa 3.258 euro netti al mese trattenuti sotto la voce “previdenza”. Questi soldi venivano versati a un apposito fondo pensione gestito da Pensplan. Da qui derivano i 210 mila euro maturati e, per così dire, restituiti.

Gli eletti prima del 2008. Fino a ieri hanno goduto di vitalizi ricchissimi, anche 6 mila euro netti al mese, perché legati al sistema retributivo e non a quello contributivo. Vitalizi ovviamente più alti a seconda dell’età e dell’aspettativa di vita. La riforma li ha modificati anche per loro: percepiranno ora circa 2.900 euro (1.800 euro invece per le pensioni di reversibilità, immutate dalla riforma), ma ricevendo in compenso la differenza “attualizzata” di quanto avrebbero dovuto percepire come vitalizio se non ci fosse state la riforma. E si tratta delle cifre enormi di cui i è letto in questi giorni, per un totale di poco più di 22 milioni di euro. Altri 31 e rotti, in quote del Fondo Family di Pensplan, potranno invece essere riscattate dopo il 2018, in quattro rate annuali del 25% l’una. Sempre che non intervenga nel frattempo la riforma annunciata da Rossi e Kompatscher. Le difficoltà circa la retroattività dell’eventuale norma sono note: qualche margine potrebbe però esserci proprio con riferimento alle somme ancora bloccate nel Fondo Family, prevedendo una trattenuta percentuale a titolo solidarietà.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano