Vitalizi a 66 anni: i consiglieri ignorano il vincolo di Monti
Spinte per abbassare l’età della pensione tra 60 e 63 anni Domani nuovo round in ufficio di presidenza sulla riforma
TRENTO. C’era una volta la legge voluta da Mario Monti. Diceva che per avere diritto al vitalizio i consiglieri regionali dovevano avere due requisiti: 66 anni di età e almeno 10 anni di anzianità di mandato. Era il 2012, il decreto in questione era quello sulla spending review, e la norma fu subito battezzata «anti-Batman», il consigliere Pdl della Regione Lazio condannato per essersi appropriato di oltre un milione di euro dai fondi pubblici assegnati al suo partito.
Monti insomma ci aveva provato, a impedire che ci fosse chi - e in molte regioni accadeva - cominciava a riscuotere il vitalizio magari dopo nemmeno una legislatura completa e già a 50 anni. Poi però il decreto è approdato in parlamento, e lì le cose sono cambiate. La norma è stata “corretta”, ammorbidita, vedete un po’ voi come preferite chiamarla. Una postilla di due righe in fondo alla lettera “m” dell’articolo 2 della legge 213 del 7 dicembre 2012: «Le disposizioni di cui alla presente lettera non si applicano alle regioni che abbiano abolito i vitalizi». Cosa significa? Che la norma viene di fatto azzerata per le regioni - tutte nel 2012 - che hanno abolito i vitalizi (ovviamente a partire dalle legislature successive). Il punto è che quasi tutte le regioni, Trentino Alto Adige compreso, hanno sostituito il vitalizio con una pensione contributiva: oggi i consiglieri versano quindi l’8,8% della loro retribuzione lorda mensile e la Regione (che è il loro datore di lavoro) versa il 24,2%. L’iniquità del vitalizio, che veniva incassato pagando pochissimi contributi, è superata. L’attuale legge prevede che i consiglieri ricevano la pensione a seconda del numero di legislature fatte: 55 anni con 4 legislature, a 60 anni con 3 e a 65 anni con una o due.
E proprio l’età della pensione oggi è al centro dello scontro politico in vista della riforma della legge dei vitalizi. Rossi e Kompatscher hanno proposto che anche i consiglieri, come a tutti gli altri lavoratori, ricevano la pensione a 66 anni. Questa la proposta inserita nel disegno di legge della giunta regionale, che recepirebbe così la legge Monti. Ma lunedì si è visto che nell’ufficio di presidenza del consiglio c’è chi, a partire dagli esponenti Svp Thomas Widmann e Veronika Stirner Brantsch, punta ad una soluzione più soft e favorevole ai consiglieri: pensione a 66 anni solo per chi ha una o due legislature alle spalle, a 63 anni (ma c’è chi vorrebbe addirittura a 60) per chi ha fatte tre, e a 60 anni per chi ne ha quattro. Una posizione, quella dei consiglieri Svp, che ha trovato una sponda nel consigliere Upt Pietro De Godenz.
«Kompatscher sbaglia, è in atto una deriva populista», avverte la consigliera Stirner, «di questo passo solo i ricchi potranno fare politica. Io, rispetto a una mia collega insegnante che ha avuto gli scatti di anzianità, perderei mille euro di pensione». L’età verrebbe comunque alzata rispetto ad oggi, ha fatto notare il presidente Diego Moltrer, lasciando intuire la possibilità di un compromesso. Ma il vincolo imposto da Monti sarebbe comunque aggirato. «Chi ha fatto quattro legislature vuol dire che fa politica da una vita e prima ha fatto anni di gavetta», ha spiegato De Godenz. Ragionamento che non vale per gli altri lavoratori, quelli che non sono consiglieri regionali. Che in base alla legge Fornero dal 2013 vanno in pensione a 66 anni e 3 mesi (che diventeranno 67 dal 2021) e con 20 anni di anzianità.
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