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Vecchio: grazie al ’68 più diritti in Italia

TRENTO. Sala stracolma ieri all’Associazione culturale Rosmini, per la conferenza sul ’68 di Concetto Vecchio. Il giornalista di Repubblica, che ha lavorato a lungo anche per il nostro giornale, è...



TRENTO. Sala stracolma ieri all’Associazione culturale Rosmini, per la conferenza sul ’68 di Concetto Vecchio. Il giornalista di Repubblica, che ha lavorato a lungo anche per il nostro giornale, è autore del saggio “Vietato obbedire” in cui racconta le vicende della facoltà di Sociologia di Trento, fulcro principale della protesta studentesca in Italia. Una relazione la sua tutta tesa a ricostruire la situazione sociale in Italia in quell’anno, prima della “rivoluzione”. Ad esempio la legislazione sul matrimonio, che definiva reato il tradimento solo se commesso dalle mogli (che infatti venivano processate). O i rapporti all’interno delle scuole e delle università, nel segno dell’autoritarismo. Per non parlare delle relazioni sindacali, con “reparti confino” nelle grandi fabbriche (a partire dalla Fiat) per gli operai politicamente scomodi. «Prima di criticare il ’68, che pure ha avuto le sue ombre, bisognerebbe ricordarsi che cos’era l’Italia allora», ha detto, sottolineando come sia mutata negli anni la considerazione di cui ha sempre goduto il ’68, passato da elemento di modernizzazione del Paese a causa di un po’ tutti i mali italiani. E ha elencato le critiche che da tempo vengono mosse a chi di quelle vicende è stato protagonista: sessantottini che avrebbero occupato tutti i posti di potere togliendo spazio ai giovani, ma soprattutto un movimento fucina del terrorismo. Critiche confutate da Vecchio, che anzi ha sottolineato il peso della cosiddetta “strategia della tensione” (le stragi di piazza Fontana, Peteano, dell’Italicus e di piazza della Loggia tra il 1969 e il ’74) come risposta del potere di fronte alla modernizzazione del Paese, che proprio grazie al ’68 iniziava a conoscere diritti civili fin lì mai conquistati.













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