Un altro attentato alla casa dei profughi
Roncone, fiamme nella notte all’entrata dello stabile che ospita 12 immigrati L’allarme dato da un vicino, l’intervento dei vigili del fuoco: tutti illesi
RONCONE. Ancora un attentato doloso contro un centro profughi, il terzo in provincia. Questa volta i vandali si sono accaniti dando fuoco al portone della casa Santo Amistadi di Roncone, in valle del Chiese, che da un anno e mezzo ospita un gruppo di richiedenti asilo (oggi sono 12): all’allarme, scattato nel cuore della notte, è seguita una rapida evacuazione e, fortunatamente, nessuno è rimasto ferito. Unanime la condanna. Sul fronte delle indagini, il procuratore capo Gallina ha aperto un fascicolo per danneggiamento seguito da incendio, affidando le indagini al Nucleo investigativo, guidato dal capitano Andrea Oxilia. Si propende per un caso isolato e non collegato con i precedenti di Lavarone e Soraga.
La cronaca racconta di una chiamata per un principio di incendio arrivata verso le 3.20 della notte ai vigili del fuoco volontari di Roncone. A dare l’allarme sarebbe stato un vicino che, alzatosi per vedere se stesse piovendo, ha notato delle fiamme all’ingresso della casa “sordomuti”, dislocata nella parte alta di paese andando verso la Rocca.
I pompieri sono giunti velocemente sul posto trovando la porta principale in legno che bruciava. Ad innescare le fiamme lo zerbino intriso probabilmente di liquido infiammabile.
In pochi minuti i vigili del fuoco, gli agenti della Polizia locale ed i carabinieri hanno svegliato gli ospiti della struttura, che non si erano accorti di nulla.
Sono quindi stati fatti uscire e raggruppati, per consentire ai pompieri di dare aria agli ambienti del primo piano della struttura, in cui si era creato del fumo. Verso le 5 la situazione è rientrata nella normalità. Accertamenti sono in corso da parte dei carabinieri di Tione e gli investigatori valutano con interesse la visione delle telecamere presenti nel paese che potrebbero aver registrato movimenti insoliti in una fascia oraria, il cuore della notte, in cui a Roncone non ci dovrebbe essere grande movimento.
Già ieri mattina erano giunti sul posto anche i periti del corpo permanente di Trento che hanno raccolto elementi utili a chiarire la sostanza utilizzata dagli incendiari. Prima era toccato ai volontari del posto mettere in sicurezza la casa: «Una delle difficoltà maggiori - spiegava il neo comandante dei pompieri volontari Nicola Marzadri - è stata quella di dover svegliare senza creare situazioni di pericolo i profughi che al piano superiore stavano dormendo. Sono poi stati fatti uscire da una porta secondaria e trattenuti per qualche ora all'esterno mentre i miei uomini procedevano all'opera di bonifica mediante l'uso di estintori, considerato appena al di la della soglia già c'era la presenza di monossido di carbonio».
Insomma ieri sera, ad un anno e mezzo dall’arrivo a Roncone, della piccola comunità di profughi, è tornata ad alzarsi la tensione che non era certo mancata a suo tempo, quando la notizia era stata ufficializzata.
Si parla del luglio del 2015, quando erano volati insulti in consiglio comunale e poi sui social media. E c’erano state proteste in piazza della Lega Nord con tanto di raccolta firme (512, quasi metà dei residenti). Persino il segretario del Carroccio Salvini era salito in valle per dare voce al malcontento .
C’ era stata poi una sentita presa di posizione del parroco del paese, di quel don Celestino che, per il suo impegno a favore dei profughi, aveva dovuto anche subire degli insulti: «L'accoglienza è condividere una responsabilità umana. E penso che queste persone che giungono da situazioni tormentate possano portare cose positive alla nostra comunità» aveva detto, solo un anno e mezzo fa. Ma il rancore, evidentemente, covava sotterraneo.
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