Truffa all’Azienda sanitaria spunta un’altra impiegata

La Procura ha chiuso l’inchiesta nei confronti della Cappelletti, di una sua collega e del marito di quest’ultima. Sono accusati di aver sottratto 21 mila euro



TRENTO. Nuova tegola sulla testa di Maria Angelica Cappelletti, l’ex funzionaria infedele dell’Azienda sanitaria già condannata a tre anni di reclusione per aver sottratto alla stessa Azienda 3 milioni e 43 mila euro. La Procura ha chiuso l’inchiesta nei confronti suoi, di una sua ex collega all’Azienda sanitaria e del marito di quest’ultima. A tutti e tre i pubblici ministeri Licia Scagliarini e Marco Gallina e la Guardia di Finanza di Trento contestano il reato di concorso in truffa aggravata per aver sottratto all’Azienda sanitaria altri 21.386 euro attraverso il collaudato sistema dei rimborsi spesa gonfiati o falsi del tutto.

In particolare, la collega della Cappelletti, che lavorava nel suo stesso ufficio e poi è stata spostata, avrebbe incassato, tra il dicembre 2009 e il maggio 2011, 13 rimborsi, 12 dei quali in contanti e uno tramite bonifico, per spese relative all’acquisto di alimenti dietetici, soprattutto latte in polvere per neonati, e per contributi per l’assistenza per il padre della collega della Cappelletti, che era affetto da una grave malattia. Secondo l’accusa, l’impiegata sarebbe stata consapevole che la Cappelletti le avrebbe fatto ottenere rimborsi in maniera illecita. Questo in forza del fatto che lavorava nello stesso ufficio e, soprattutto, del fatto che nella pratica non sarebbe stata trovata né la domanda di rimborso presentata dall’impiegata né sono state trovate le pezze giustificative relative alle spese sostenute. Per questo la Procura ipotizza che si trattava di rimborsi non dovuti. Da qui l’accusa di concorso in truffa aggravata. Nell’accusa è coinvolto anche il marito dell’impiegata perché sarebbe stato lui a incassare materialmente i rimborsi, per dodici volte presso gli sportelli dell’Azienda sanitaria e una volta tramite bonifico. Il difensore dei due coniugi, l’avvocato Michele Guerra, spiega che i suoi assistiti si sono fidati della Cappelletti e che, comunque, i rimborsi erano dovuti, dal momento che riguardavano spese effettivamente sostenute e previste dalle norme. L’impiegata dell’Azienda sanitaria è già stata interrogata e ha spiegato che la Cappelletti le aveva suggerito di chiedere i rimborsi. Ora è sottoposta a un procedimento disciplinare e rischia il posto di lavoro.

Dal canto suo, l’avvocato Vanni Ceola, difensore della Cappelletti, spiega che la sua assistita si è limitata a liquidare rimborsi per spese effettivamente sostenute dalla collega e di aver fatto le cose in regola.

(u.c.)













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