Trento, sospetta eutanasia all'ospedaleImputazione coatta per un medico

Il Gip Marco La Ganga (nella foto) ha disposto l'imputazione coatta per un medico indagato per un presunto caso di eutanasia su di un paziente di 20 anni, morto nel dicembre scorso all'ospedale S. Chiara di Trento. La Procura aveva chiesto l'archiviazione



TRENTO. Il Gip di Trento Marco La Ganga ha disposto l'imputazione coatta per un medico indagato per un presunto caso di eutanasia su di un paziente di 20 anni, morto nel dicembre scorso all'ospedale Santa Chiara di Trento.

Colpo di scena dunque nella vicenda giudiziaria sulla morte di Selver Kurtalic, il ventenne affetto da malattia degenerativa congenita in fase terminale morto all’ospedale Santa Chiara il 21 dicembre scorso.

Il gip Marco La Ganga ha respinto la richiesta di archiviazione inoltrata dai pm Liverani e Dragone ordinando alla Procura stessa di formulare una richiesta di rinvio a giudizio del medico. Il caso approderà quindi sul tavolo del giudice per l’udienza preliminare Carlo Ancona.

Decisive le deposizioni di due colleghi del pediatra, ai quali l’indagato avrebbe confessato di avere somministrato al paziente una fiala di cloruro di potassio.
I rappresentanti dell’accusa avevano chiesto l’archiviazione dopo che la perizia compiuta dalla dottoressa Elena Pellini non aveva portato a rinvenire tracce sospette di cloruro di potassio nel corpo dello sfortunato giovane. Cloruro che la Procura sospettava fosse stato iniettato per agevolare morte del giovane.

Nell’indagine sono però emersi nuovi elementi, in gran parte testimoniali, che La Ganga ritiene essere gravi indizi di responsabilità del medico. Le deposizioni dei parenti stretti del ragazzo hanno confermato di avere rivolto al pediatra una richiesta accorata di intervenire in qualche modo per alleviare le sofferenze del paziente e hanno aggiunto che il medico, dopo aver detto loro che era già in atto una terapia con morfina, avrebbe iniettato con una siringa una sostanza nelle vene di Selver. Dopo pochi minuti, il decesso.

Ma se la perizia non era riuscita a scoprire tracce della sostanza (il giudice rileva le molteplici difficoltà legate alla tempistica e all’efficacia dell’autopsia per individuarne presenza ed effetti), ci sono ora le dichiarazioni dei colleghi a confermare che sarebbe stata effettivamente somministrata. La confessione sarebbe stata ricevuta da entrambi i medici, separatamente. L’indagato avrebbe detto di avere iniettato una fiala di cloruro di potassio di propria iniziativa e dietro le pressioni dei familiari, che gli chiedevano un aiuto per alleviare le sofferenze del giovane. Un’infermiera avrebbe inoltre riferito agli investigatori di avere notato il pediatra nell’ambulatorio dieci minuti prima del decesso e di avere trovato più tardi nello stesso ambulatorio due fiale vuote molto simili a quelle di potassio aspartato.

Per il gip, inoltre, le dichiarazioni rese dall’indagato, secondo cui per errore avrebbe detto di avere iniettato cloruro di potassio riferendosi in realtà a cloruro di sodio, rappresenterebbero un tentativo tardivo di correggere il tiro. Questo perché il cloruro di sodio non avrebbe avuto alcun senso terapeutico; inoltre uno dei colleghi destinatari della confessione avrebbe fatto trasferire tutte le fiale di cloruro di potassio che si trovavano nel magazzino del reparto alla farmacia dell’ospedale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano