Trento, sospeso il ricercatore assenteista Il rettore Bassi: «Noi volevamo licenziarlo»

I colleghi: «Non metteva piede per mesi in facoltà». Pubblicazioni quasi nulle, assente alle commissioni d’esame, niente tutoraggio agli studenti: per questo, dopo due censure scritte, è scattata la richiesta di licenziamento per Nicola Luisi, ricercatore di diritto romano a tempo pieno assunto nel 1994 dall’università di Trento



TRENTO. I colleghi la mettono giù dura: «Non metteva piede per mesi in facoltà, in pratica un fantasma». Pubblicazioni? Quasi nulle, assente alle commissioni d’esame, niente esercitazioni, niente tutoraggio agli studenti: per questo, dopo due censure scritte, è scattata la richiesta di licenziamento per Nicola Luisi, ricercatore di diritto romano a tempo pieno assunto nel 1994 dall’università di Trento.

I fatti risalgono all’anno scorso ma la notizia è trapelata solo qualche giorno fa, durante un incontro pubblico organizzato dall’Associazione dottori e ricercatori italiani a Sociologia, quando il rettore dell’ateneo Davide Bassi ha detto: «Abbiamo avviato cinque procedimenti disciplinari contro docenti improduttivi, quattro si sono dimessi, il quinto volevamo licenziarlo ma non ci siamo riusciti e questo purtroppo va a scapito di chi la ricerca la vuole fare veramente».

Insomma il professor Luisi è ancora al suo posto. Per lo meno c’è il suo nome su una targhetta esposta fuori dall’ufficio che condivide con un collega al secondo piano della facoltà di Giurisprudenza. In dipartimento confermano: «Niente licenziamento, il Consiglio universitario nazionale ha ritenuto sufficiente una sospensione di venti giorni dal lavoro, naturalmente senza paga». Una sanzione comunque dura ma il suo legale, l’avvocato Luigi Colaleo, raggiunto al telefono nel suo studio di Milano, minimizza: «Fatti di scarso rilievo, tanto più che il professor Luisi sta per lasciare la ricerca per dedicarsi alla professione di avvocato, con il 31 dicembre non avrà più nulla a che fare con l’università di Trento». Ma la sua scrivania è ancora lì, tanto che i vertici dell’ateneo meditano di tornare alla carica. Mica facile licenziare un dipendente, quando anche un banale errore nelle procedure - come è successo - impone di ripartire dall’inizio.

Il caso di Luisi non è isolato, ma è l’unico che sia arrivato all’attenzione del Cun - l’organo interno che si occupa delle sanzioni disciplinari a docenti e ricercatori - da quando il rettore Bassi, contestato dagli studenti per l’impostazione “aziendale” dell’ateneo, ha sposato la causa del rigore e della meritocrazia.
Altri casi si erano risolti in via informale con le dimissioni o il pensionamento: il professore accusato di iper assenteismo; il docente di ragioneria che finì in tribunale (condannato) con l’accusa di aver copiato le tesi di laurea di due studenti; l’impiegato che presentava certificati medici fasulli; il docente con problemi di equilibrio psicologico. In tutto cinque casi, compreso quello di Luisi.

Alexander Schuster - dell’Associazione dottori italiani, organizzatore dell’incontro della settimana scorsa - sta con il rettore: «Sono giuste le sanzioni disciplinari per chi non lavora, si tratta di dare un segnale dall’interno per bloccare il malcostume e salvare il decoro dell’attività di ricerca. A Trento è stato possibile perché c’è una base etica solida e eventuali problemi risultano subito evidenti, in altri atenei è più difficile».
Ma la legge 382 del 1980, che descrive il lavoro dei ricercatori è vaga, prevede 250 ore annuali di attività didattica ma è il ricercatore stesso che “segna le ore” in un registro. Così il clima nel dipartimento di scienze giuridiche è velenoso, soprattutto perché un ricercatore “poco produttivo” abbassa la media da quando le risorse interne per la ricerca si assegnano in base al lavoro effettivamente svolto.













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