Trento: infermiera in malattia per l'Asl lavora con i privati

Un «doppio lavoro» che è andato avanti per 4 anni e che ha permesso alla donna di guadagnare 103 mila euro



TRENTO. Infermiera dell’azienda sanitaria, nei periodi in cui era in malattia o comunque era a casa utilizzando i permessi per gli aggiornamenti professionali, lavorava in altre strutture. Un «doppio lavoro» che è andato avanti per 4 anni e che ha permesso alla donna di guadagnare 103 mila euro. Un «doppio lavoro» per il quale la donna si trova ora sul banco degli imputati.
Era la metà del 2009 quando della vicenda ha iniziato ad occuparsi la magistratura. La ricostruzione della vita lavorativa dell’infermiera avrebbe permesso di verificare che il suo lavoro era stato apprezzato anche da strutture diverse come una casa di cura, un centro specializzato e una cooperativa sociale. Lavoro che le avrebbe permesso di guadagnare poco più di 103 mila euro, oltre a quelli che ha comunque percepito come dipendente dell’Azienda sanitaria. Il pubblico ministero, nel procedimento che è stato promosso davanti alla Corte dei conti, ha fatto un confronto fra le giornate lavorative fatte fra il 2007 e il 2009 alla cooperativa sociale e i cartellini segna presenza dell’Azienda sanitaria. Un confronto dal quale sarebbe emerso che il lavoro extra sarebbe stato fatto in coincidenza con periodi di assenza dal lavoro per malattia, per permessi studio, per aggiornamenti professionali e per incombenze legate al suo ruolo sempre all’interno dell’azienda pubblica. Insomma a casa per giustificati motivi, era al lavoro altrove. E, altra accusa che viene fatta alla donna, non avrebbe mai chiesto l’autorizzazione necessaria per fare lavori «extra». La difesa, su questo punto spiega che la formale domanda era stata presentata ancora nel 2005 e, dopo rassicurazione verbali ci sarebbe stata una nota grazie alla quale l’infermiera maturava la convinzione di avere le carte in regola per l’attività esterna. Non solo. La donna ha anche specificato di aver reso le prestazioni in orari esterni e comunque compatibili con quelle dell’Azienda sanitaria. Non solo. Ha sottolineato anche come le sue precarie condizioni di salute che le avrebbero precluso l’attività presso il suo datore di lavoro principale, non le impedivano di lavorare alla cooperativa sociale dove l’attività sarebbe stata più leggera. Non solo. La donna ha anche raccontato del demansionamento che aveva subito all’interno dell’ospedale, demansionamento che avrebbe portato ad un aggravamento delle sue condizioni di salute. Insomma un quadro complicato rispetto al quale la corte dei conti, dopo aver sentito accusa e difesa, non ha preso alcuna decisione. Per i giudici contabili, infatti, non è nelle loro competenze giudicare su questi aspetti e quindi hanno rimandato tutto al giudice del lavoro.
Ma il contenzioso non si limita a questo. C’è anche un processo penale in corso nel quale la stessa infermiera è accusata di truffa. E non è finita. La donna è stata anche licenziata e ha impugnato l’atto negando di aver causato danni all’azienda ma sostenendo di esser stata lei stessa ad aver subito dei torti e per questo si sta adoperando per avere un risarcimento. Una storia molto complessa dove le posizioni delle parti in causa sono decisamente divergenti e sulla quale spetta alla magistratura.

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