Trento: allarme Tbc in Provincia, si ammala un'impiegata
La donna potrebbe aver contratto la malattia allo sportello dove lavora a contatto con il pubblico
TRENTO. Malessere e debolezza. Un consulto medico, poi la visita all’ospedale e la diagnosi inattesa: tubercolosi. Un’impiegata della Provincia è stata ricoverata dopo aver contratto la malattia probabilmente allo sportello dell’ufficio.
Questa, allo stato, sembra essere l’ipotesi più probabile per spiegare l’infezione che ha colpito la donna, dipendente della Provincia presso un ufficio periferico dell’amministrazione. Omettiamo volontariamente altre informazioni per evitare di rendere identificabile la paziente che ora - dopo oltre un mese di ricovero all’ospedale Santa Chiara di Trento - sta meglio ed è fuori pericolo.
Il sorgere dello stato di malessere risale alla fine di gennaio quando la donna decide di sottoporsi ad alcuni accertamenti clinici per dare risposta a quei sintomi strani e persistenti. L’esito degli esami è di quelli che non ti aspetti: tubercolosi.
Come è possibile? Esclusi viaggi in località potenzialmente idonee a consentire un contatto con la malattia; escluse pure frequentazioni dubbie o rischiose, l’unica risposta plausibile alla domanda è che la donna - impiegata di sportello - sia entrata in contatto con qualche utente (italiano o straniero non è dato sapere) portatore della malattia. Questa è la ricostruzione per la quale propendono anche i medici, che pure non si sbilanciano oltre rispetto alle possibili cause del contagio.
Dopo oltre un mese di ricovero presso il Santa Chiara, in completo isolamento per i primi giorni, ora la donna è stata dimessa da qualche giorno e ha potuto fare ritorno a casa. Per lei, fortunatamente, non ci sono state conseguenze gravi.
Come prevede la procedura, tuttavia, i suoi colleghi di lavoro (quattro funzionari) sono stati richiamati dagli uffici dell’Azienda sanitaria per sottoporsi al test “Mantoux”. Si tratta di un accertamento medico nel quale viene iniettata, appena sotto la pelle dell’avambraccio, una piccola quantità di una sostanza chiamata tubercolina Ppd. Entro 48-72 ore un operatore sanitario valuta la comparsa di gonfiori e chiazze nella zona d’iniezione, indice di probabile positività del paziente.
Non tutti i funzionari provinciali venuti a contatto con la paziente hanno effettuato il test, ma fino a questo momento i risultati disponibili hanno escluso contagi e i medici si dicono comunque ottimisti.
Proprio qualche tempo fa la Lega Nord aveva presentato un’interrogazione in consiglio provinciale chiedendo controlli sanitari verso tutti gli immigrati. La replica della giunta è arrivata tre giorni fa ed è stata categorica: «Sarebbe incostituzionale».