Serafini condannato per gli insulti alla Kyenge

Il consigliere circoscrizionale invitò l’allora ministro a «tornare nella giungla». Per il Tribunale è colpevole di diffamazione aggravata dall’odio razziale



TRENTO. Invitare su Facebook l’allora ministro Cecile Kyenge a tornare nella giungla è costato già molto caro al consigliere circoscrizionale ed ex autista della Trentino Trasporti Paolo Serafini. Non solo ha perso il posto di lavoro, licenziato dall’azienda di trasporto pubblico per il venir meno del rapporto fiduciario, ma ieri è stato anche condannato dal Tribunale, collegio presieduto da Guglielmo Avolio, per diffamazione aggravata dall’odio razziale. La condanna è stata tutto sommato mite, multa di 2.500 euro più un risarcimento di 2 mila euro ciascuna per ciascuna delle cinque associazioni che si erano costituite come parte civile, più 5.500 euro di spese. Insomma, altri 18 mila euro da pagare per una persona che ha perso il lavoro. Piove sul bagnato. E gli è andata anche bene. Il pubblico ministero Davide Ognibene aveva chiesto una condanna a 8 mesi di reclusione. La difesa, sostenuta dagli avvocati Stefano Galli e Mattia Gottardi, invece, aveva chiesto la piena assoluzione e aveva anche sollevato una questione di legittimità costituzionale sulla legge Mancino che prevede l’aggravante dell’odio razziale.

Secondo la difesa, infatti, la norma violerebbe il diritto di libertà espressione sancito dall’articolo 21 della Costituzione, oltre che il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della nostra norma fondamentale.

Il Tribunale non ha ritenuto fondata la questione. E non ha nemmeno accolto le tesi difensive secondo le quali Serafini avrebbe semplicemente manifestato una propria opinione. Per l’accusa e per le parti civili (cioè le associazioni Asgii, Atas, Arci, Anpi e Giuristi democratici) invece quell’invito alla Kyenge a tornare nella giungla stava a indicare che l’allora ministro all’emigrazione era considerata diversa e pari a un animale. Il Tribunale ha accolto questa tesi.

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