Sci, la Provincia compra gli impianti in rosso
Oltre 60 milioni per i piccoli: Panarotta, Val di Non, Polsa, forse Bondone Dubbi della Ragioneria. Rossi: in un’economia turistica va tutelato l’indotto
TRENTO. Fatti salvi i grandi caroselli - Campiglio e Fiemme-Fassa - dove i grandi numeri producono grandi utili - gli impianti da sci vanno spesso di pari passo con bilanci in rosso e debiti. Con «mamma Provincia» che spesso e volentieri si è ritrovata a ripianare buchi di bilancio e a varare aumenti di capitale pur di salvare stazioni e stagioni turistiche. Va letta partendo da questo presupposto la delibera approvata ieri dalla giunta Rossi che fissa i nuovi indirizzi a Trentino Sviluppo per gli interventi nel settore degli impianti sciistici. Un cambio di strategia.
Provincia proprietaria degli impianti. Fino ad oggi Trentino Sviluppo è sempre intervenuta con una partecipazione diretta nella compagine azionaria delle società funiviarie, portando risorse per gli investimenti. Si è visto però che per le stazioni minori di interesse locale, funzionali ad un’utenza per lo più di residenti e di tipo familiare, questi investimenti non erano sufficienti per produrre redditività. E dunque le società continuavano ad accumulare perdite e la Provincia a ripianare bilanci. Un modus operandi stoppato dall’Unione Europea, per la quale questo tipo di aiuti viola le norme sulla concorrenza. L’Europa ha però concesso una via d’uscita per le cosiddette «stazioni di terzo livello», ovvero appunto le stazioni piccole con bassa redditività che possono beneficiare di sostegni pubblici per tutelare l’indotto turistico fatto di alberghi, ristoranti e commercio. Ed ecco dunque il cambio di approccio: la Provincia, tramite Trentino Sviluppo, potrà acquistare (e non più solo realizzare, com’era in precedenza) impianti di risalita. Potrà convertire “in natura” i crediti vantati nei confronti delle società a cui ha concesso dei prestiti, tramite appunto l’acquisto di impianti e di bacini di accumulo d’acqua (che serviranno per l’innevamento artificiale ma anche per altri utilizzi come irrigazione, la zootecnica, la Protezione Civile e in estate come laghetti turistici). Una volta divenuta proprietaria, la Provincia assegnerà in gestione gli impianti - con procedure di evidenza pubblica - a soggetti privati, verosimilmente gli attuali proprietari, i quali non dovranno più sostenere oneri per gli investimenti. In cambio la Provincia incasserà un canone di locazione.
Piano da oltre 60 milioni. Ad oggi Trentino Sviluppo detiene partecipazioni nel capitale di 16 società funiviarie e 5 consorzi-società di partecipazione, per un totale di 93,2 milioni di euro. A fronte di questo indebitamento, gli 86 impianti a fune (relativi a 14 ambiti sciistici) producono 50 milioni di ricavi all’anno con un’occupazione che supera i 400 addetti.
Per la nuova politica di acquisto degli impianti il piano di investimenti di Trentino Sviluppo ha attualmente a disposizione per il settore funiviario 60 milioni di euro. Nella manovra finanziaria la giunta deciderà quanto aggiungere, fermo restando - ha chiarito ieri l’assessore al turismo Michele Dallapiccola - che «in fase di bilancio stiamo concordando che un terzo delle risorse di Trentino Sviluppo sarà destinata al turismo e dunque in gran parte agli impianti, e due terzi a industria e artigianato».
I «piccoli» da aiutare. Le stazioni da aiutare hanno nomi e cognomi. Nell’ordine parliamo in primis di Panarotta e Alta Val di Non e, in seconda battuta, degli impianti della Polsa e probabilmente del Monte Bondone, la montagna di Trento da anni in difficoltà.
Le stazioni intermedie. Per quanto riguarda invece le stazioni di secondo livello, quelle medio-piccole, come Folgaria e la Paganella, la Provincia resterà nel capitale delle società continuando ad accompagnare i piani di sviluppo, ma senza acquistare gli impianti. L’esempio è proprio quello di Folgaria, dove a fronte dell’ultimo contributo di 3,3 milioni stanziati l’anno scorso, Piazza Dante ha chiesto un piano di risanamento e un cambio di governance (in cui ci sarà anche la Provincia) per ristrutturare il debito.
I caroselli. Infine ci sono i grandi caroselli, le stazioni di primo livello che in Trentino sono Campiglio e Fiemme-Fassa, capaci di reggere la concorrenza sul mercato dello sci: in questo caso si tratta di impianti che si reggono da soli e producono utili, e quindi la Provincia non metterà più nulla in termini di sostegno agli investimenti.
Rossi: «Salvaguardare l’indotto». I dubbi sull’operazione di acquisto degli impianti, che stanzia altre decine di milioni di euro di risorse pubbliche per stazioni che molti esperti danno in prospettiva per decotte, sono venuti dalla stessa Ragioneria della Provincia. Richieste di approfondimento erano arrivate in giunta, la scorsa settimana, anche dall’assessore Pd Luca Zeni. Filt Cgil e Fit Cisl hanno chiesto un incontro a Dallapiccola. Ma la scelta è politica ed è presa. Ieri il governatore Ugo Rossi l’ha motivata così: «Ci sono attività con valenza industriale con rendimenti importanti nei grandi caroselli, altrove l’obiettivo è la tutela dei posti di lavoro e sostenere un indotto che va ben oltre l’attività delle società funiviarie. In un’economia turistica le infrastrutture da sostenere sono anche gli impianti da sci».
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