Riva, sotto il porfido un misterioso avvolto
Gli scavi degli archeologi hanno riportato alla luce anche frammenti d'una statua
RIVA. L'indagine geologica che accompagna lo scavo di Ags impegnata nell'allaccimento dei palazzi del municipio alla rete del teleriscaldamento, ha portato alla luce una porzione della Riva rinascimentale di cui nessuno aveva più notizia almeno dalla metà del Novecento, quando in piazzetta San Rocco è stata costruita la cabina di distribuzione che riforniva di energia elettrica l'intero centro cittadino (all'epoca quasi tutta Riva).
La trincea dello scavo, profonda un paio di metri, entra da piazza San Rocco, scorre a fianco dell'abside e s'infila da nord nel municipio. Là sotto è saltato fuori a fianco d'un tratto delle mura cittadine, un piccolo locale, più o meno quattro metri quadri, che si raggiungeva con una scaletta (di cui restano tre gradini), utilizzato nell'ultimo periodo prima di essere interrato, come discarica domestica delle cose inutili. Gli archeologi hanno recuperato una quantità di bicchieri rotti, tazze e tazzine da caffè, una padella sforacchiata, piatti frantumati, bottigliette, una gavetta austriaca: tutta roba di scarso interesse, databile tra la fine della prima guerra e gli anni Cinquanta, tranne due cocci di ceramica dipinta attribuibili al XVI secolo.
Il materiale risulta compatibile con l'attività d'una osteria che alcune testimonianze assicurano fosse aperta nella piazzetta prima della costruzione della cabina. Fra tanta cianfrusaglia, sono però saltate fuori due chicche. Nell'ammasso di cocci erano mescolati alcuni elementi lapidei provenienti dalla antica chiesa di San Rocco, semidistrutta da una bomba italiana e poi reinserita da Giancarlo Maroni nella ricostruita piazza San Rocco: compresi due frammenti d'una mano: forse della statua a destra del San Rocco, che presenta una mutilazione a sinistra. Sul lato sud dello scavo c'è poi un pertugio che immette in un locale a volta di notevoli dimensioni, largo tre metri e 40 e lungo una decina orientato verso mezzogiorno e dal fondo imgobro di terra e fango: ad un paio di metri sotto il sedime della piazza Benacense, si sviluppa in direzione del lago. Gli archeologi cercheranno di capire quale funzione avesse: sarebbe certamente affascinante se, invece d'una comune cantina, si trattasse d'un approdo, magari un deposito di barche. Si vedrà.