Rifiuti, test nei condomini. Sacchi verdi? Un miraggio
Viaggio in San Giuseppe, dove oggi debutta la raccolta. I bidoni del residuo sono zeppi di buste della spesa e rifiuti sfusi: ancora rarissimi i contenitori Tares
TRENTO. Se i vigili fossero già in azione con i loro “palmari spianati”, potrebbero staccare tante multe da riempirci una campana della carta. Di sacchi verdi del residuo, infatti, ne abbiamo visti tantissimi finora sul giornale ma ieri pomeriggio, curiosando nei bidoni condominiali, ne avremo contati tre su almeno un centinaio tra neri, bianchi, azzurri e delle più svariate catene di supermercati. Il campo della nostra indagine è stato il quartiere di San Giuseppe, il primo dove debutterà, proprio oggi, il nuovo sistema di raccolta puntuale dei rifiuti. Ieri, quindi, era la giornata in cui depositare gli ormai celeberrimi sacchi verdi marchiati Tares, la nuova tariffa che premia chi produce meno residuo. Nostro Cicerone in questa full-immersion tra i rifiuti la presidente della circoscrizione San Giuseppe - Santa Chiara, Maria Rosa Maistri, che gentilmente si è cimentata nella maleodorante indagine, nel ruolo di “scoperchiatrice di bidoni”, di osservatrice e commentatrice (si guardi il video online).
Sono le 15.30: prima tappa le case Itea di via Filzi, dove subito ci accoglie uno schermo di televisore sradicato dal resto dell’apparecchio abbandonato per terra tra i bidoni. «Questo la dice lunga sul senso civico della gente», esordisce Maistri. Poi, tocca subito al primo bidone: «C’è giù di tutto - sospira la presidente -: un vaso di fiori, una cornice in legno che andrebbe portata al Crz, un sacco contenente verdura da gettare nell’umido...». Il bidone è zeppo: scavando un po’ compare anche un sacchetto verde, l’unico. Nei bidoni accanto la situazione è analoga: sacchi di ogni tipo, tanti rifiuti sfusi e un solo contenitore verde, per di più semivuoto e aperto. Neanche cinquanta metri più in là c’è l’ingresso ai “casoni”, nella parte più popolosa (e popolare) ribattezzata “Vaticano”. L’ampio cortile interno ospita diversi spazi riservati ai rifiuti: sotto un grosso abete c’è un’infilata di bidoni che sembrano carrozze di un treno, ma “sgarruppato assai”, come direbbero a Napoli. Tutt’attorno i sacchi azzurri che verranno a prelevare domani e persino una cucina economica satinata che non sembra neppure così malconcia. Ad ogni apertura dei bidoni è una sorpresa: «Qui c’è gente che non sa assolutamente differenziare», sentenzia con una smorfia la presidente dopo una rapida analisi, compiuta con naso turato e occhi aguzzi. Dentro spuntano pannolini (che sono residuo, è vero, ma che nessuno si è degnato di infilare in un sacco, di qualsiasi colore fosse), lattine, tre sacchi neri, cinque azzurri (del multimateriale o del supermercato, non è chiaro), una cassetta di legno e altre cianfrusaglie. «Faccio un appello al senso civico delle persone», afferma Maistri. «Devono capire che è una questione di rispetto del bene comune». Una residente ci affianca e commenta: «Noi la differenziata la facciamo, ma ci sono tanti extracomunitari che non la vogliono capire». Arriva un altro condomino: «Io sono invalido civile: come faccio a pagare la multa per le responsabilità altrui? E poi il sacco verde quanto me lo devo tenere a casa? L’appartamento è piccolo...». Cambiamo zona: ecco altri tre cassonetti. Dentro lattine, sigarette, persino un bidoncino di vernice, ma nessun sacchetto Tares.
Proviamo a uscire dal cortile, per addentrarci in un’altra parte dei casoni: «Questo è il “Triangolo”, che in origine era destinato agli impiegati», spiega la presidente. «Il Vaticano invece era abitato dagli operai». Ma oggi il contesto residenziale cambia poco e pure i rifiuti. Qui i quattro bidoni sono meno pieni, ma in neppure uno c’è traccia di verde-Tares. In compenso ecco sbucare un paio di jeans, una borsa, un rasoio, una crema solare, una scatola di piselli e un oggetto in legno. Ci intercetta un residente, Gian Piero Allegrezza: «Stamattina - racconta - abbiamo beccato una signora colombiana che veniva dall’esterno a svuotare rifiuti da noi, oltretutto voleva buttare la plastica nel residuo. Quando gliel’abbiamo fatto notare, è andata su tutte le furie. Al Crz mi hanno detto che avrei dovuto fermarla e chiamare i vigili, ma non posso mica farmi accusare di sequestro di persona... Ho anche chiesto il bidone familiare, ma mi hanno fatto notare che in caso di multa al condominio dovrei pagare anch’io». I problemi, insomma, non mancano, soprattutto negli stabili di 80 famiglie come questo. In molti condomini vicini, tra i quali quello sopra l’Orvea e alle ex Duca d’Aosta, i bidoni del secco sono tutti chiusi a chiave. Una precauzione presa da tempo, ben prima dell’arrivo dei sacchi verdi. Ma ora che si paga per quel che si getta, il “turismo dei rifiuti” è destinato a diventare un fenomeno diffuso.
GUARDA IL VIDEO
E COMMENTA SU:
www.giornaletrentino.it