Ricordi di fame, guerra e campi di sterminio

Per celebrare i 50 anni di vita il gruppo alpini di Torcegno ha raccolto in un dvd le testimonianze dei “paesani” sopravvissuti agli orrori del conflitto mondiale


di Marika Caumo


TORCEGNO. Ci sono i campi di concentramento, la paura di non farcela e la crudeltà dei “tòdeschi”. Ci sono gli incontri, le amicizie, gli episodi, belli e brutti. Ma anche la fame, la convivenza con i pidocchi, la fine della guerra, il lungo ritorno a casa, la commozione nel rivedere il proprio paese, nel riabbracciare i propri cari. Ricordi ed emozioni degli ultimi tre reduci “traozeneri” della seconda guerra mondiale, racchiusi nel dvd “Fame, pìoci e paura”. Un video realizzato dal gruppo alpini di Torcegno che in questo lungo fine settimana celebrerà il mezzo secolo di vita.

Un traguardo importante, che le penne nere presiedute dal capogruppo Nunzio Campestrini hanno preparato nei minimi dettagli, dalla serata sulla storia (domani), alla ricca mostra fotografica che sarà inaugurata venerdì nella polifunzionale, fino al concerto dei cori di montagna (sabato), per concludere domenica, quando i gagliardetti e le penne nere invaderanno il centro per le celebrazioni e il 19° Raduno di Zona.

Il gruppo è intitolato alla memoria di Primo Palù, giovane alpino che perse la vita nell’affondamento del battello che dalla Sicilia lo portava in Grecia. Era il 1944. Il rimpatrio delle sue spoglie avvenne nel 1960. A distanza di tre anni, il 3 novembre 1963, veniva istituito il Gruppo Ana di Torcegno. Madrina del gagliardetto era la sorella Teresa, che oggi 85enne dalle pagine del corposo libretto celebrativo, fa gli auguri ai suoi alpini.

Il saluto è ripreso nel dvd allegato alla pubblicazione e distribuito gratuitamente, che contiene le interviste ai tre reduci. Perché la loro storia non vada perduta, dimenticata.

Aldo Campestrin con i suoi 92 anni è il più anziano del paese: soldato di fanteria, mitragliere sul fronte greco, scampato per ben 3 volte alla decimazione, nel 1943 conosce i campi di concentramento: Mauthausen, Reichenau e Alta Slesia. Mostra i “segni” della guerra sulla mano, lasciati dalla scheggia di una granata. La sua voce si rompe quando il pensiero va ai tre giorni a Mauthausen dove era costretto a bruciare la gente nei forni crematori. Persone ormai morte di stenti, ma non quell’uomo che, steso sulla barella, con le ultime forze rimaste gli strinse il braccio. Era ancora vivo e il suo ricordo tormenta ancora Aldo.

La grande fame, a cui si sopperiva con patate crude ancora sporche di terra, è invece ricorrente nel racconto di Egidio Zanettin (Sibi), 87 anni. Fu mandato vicino a Vienna a fare l'accompagnamento dei treni carichi di munizioni: «Aeroplani che girava da mattina a sera, la paura de far la fin del topo l'era grande», scherza. Ma certe cose non le vuole raccontare, la gente buttata giù dai treni in corsa, la cattiveria di quel rosso soldato bavarese non si cancellano. «Sono stato fortunato, ho portà le piume a casa, 47 chili di cui 3 di pidocchi», conclude.

Ben 40 erano invece i chili dello zaino che portava Tullio Furlan (89 anni) quando, nel 1945, arrivò alla Cappella dell’Ausiliatrice, alle porte del paese. Aveva fatto 300 chilometri, gran parte a piedi. Era stato catturato 2 anni prima insieme a 10 compaesani, portato in Germania nei campi di concentramento dove per la fame aveva rubato il cibo ai maiali.

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