Restituisce il prestito in «lire»

Solandro condannato per truffa: dovrà risarcire un’anziana con 120 mila euro



TRENTO. Le aveva chiesto un prestito per superare - proprio grazie a quell’innesto di denaro - un momento problema di liquidità. E circa tre mesi dopo aver incassato i due assegni per un totale di 110 mila euro, ha restituito il denaro sempre con degli assegni. Che però sono stati definiti «irricevibili» dalla banca perché con l’importo espresso in lire. Per la procura questa era una truffa e così l’ha ritenuta anche il giudice La Ganga che ha condannato l’uomo (un solandro di 48 anni) a 8 mesi di reclusione e 400 euro di multa. Con la sospensione della pena condizionata al pagamento del risarcimento fissato a 120 mila euro di cui 110 mila fissati come provvisionale immediatamente esecutiva. Assolta invece l’ormai ex badante romena della truffata.

La storia - definita ieri in tribunale - è iniziata nel settembre del 2009. La vittima della truffa è un’ultraottantenne bolognese, commercialista in pensione che divide la sua vita fra la sua casa emiliana e quella solandra dove va spesso in villeggiatura. Sempre accompagnata dalla sua badante verso la quale nutriva la massima fiducia. Un giorno di settembre è proprio la badante a presentare all’anziana un suo amico, l’imprenditore 48enne solandro. I tre si frequentano e stabiliscono un rapporto tale che l’uomo chiede un aiuto economico all’ottantenne. Si tratta di 110 mila euro che sarebbero necessari per mettere a posto alcune situazioni. Insomma denaro che gli darebbe un’importante boccata d’ossigeno. L’ex commercialista i soldi li ha e quell’uomo le è stato presentato da una persona di sua fiducia e quindi alla fine decide che va bene così: che quei soldi glieli può prestare. Perché di un prestito si tratta con la promessa che i 110 mila euro torneranno sul suo conto a breve. All’uomo vengono quindi consegnati due assegni da 50 e 60 mila euro. La banca, perplessa per la cifra importante, chiede con tatto all’anziana la ragione di quel pagamento e lei risponde che servivano per l’acquisto di un appartamento. Ma così, è stato chiarito in aula, non era. Circa tre mesi dopo il solandro porta i suoi di assegni. Ma la cifra è espressa in lire e quindi quegli assegni sono a tutti gli effetti carta straccia. Da qui parte la denuncia per truffa. Ci sarebbe stato il tentativo di risolvere tutto fuori dal palazzo del tribunale con l’offerta di un appartamento a saldo del debito, ma non è stata accettata perché si trattava - viene spiegato - più di uno scantinato che altro. E ieri la condanna con il pesante risarcimento.

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