«Restituire i soldi è la cosa giusta il mio appello non è solo agli ex»
Il neosegretario del Pd: «Pagina bruttissima, la gente non dimenticherà. I nostri diano un segnale» E al partito dice: «Ora mettetemi alla prova, dietro di me non c’è uno spettro del passato»
TRENTO. Eletta dall’assemblea con 39 voti (24 sono andati a Elisa Filippi, 3 le schede bianche), nel suo primo discorso da segretario del Pd Giulia Robol ha detto: «Voglio essere il segretario di tutti, non solo di chi mi ha votato, e voglio lavorare per un Pd unito». E però gli strascichi del congresso si sono sentiti: Filippi e i suoi delegati lunedì sera hanno abbandonato la Sala Rosa quando Robol è tornata al microfono.
Giulia Robol, preoccupata di questa frattura?
In politica si vince e si perde, questa è una delle mille competizioni. Va recuperato un po’ di stile. A me dispiace che sia passato un messaggio molto negativo.
Si è detto che lei e Scalfi hanno fatto il ribaltone mettendo il minoranza la vincitrice...
Le primarie sono uno strumento che può essere perfettibile. È una regola che ci siamo dati. Non accetto che si parli di delegittimazione del voto popolare. La sconfitta, per tutti, è la poca affluenza, non siamo riusciti a combattere quella disaffezione alla partecipazione che in questo momento è devastante. Se poi la proposta che ha preso un voto in più non è riuscita a convincere Scalfi e i suoi delegati, non accetto che si dica che il nostro accordo è la vecchia politica.
Cosa contesta?
Nei ballottaggi c’è sempre un meccanismo di salvaguardia per garantire una maggioranza. Mi chiedo: se Scalfi si fosse riconosciuto nella proposta di Elisa, quella non era la vecchia politica? I delegati di Scalfi hanno fatto una riflessione e io non posso che rispettarla. Qui si ragiona sempre per stereotipi. Ho letto che Elisa ha parlato di Cogo e Olivieri. Perché i voti portati da queste persone sono diversi rispetto a quelli portati da big delle loro liste? O i giovani che hanno sostenuto me sono meno significativi di quelli che hanno sostenuto lei? Con queste categorie non ne usciamo più.
Per i suoi detrattori lei era soprattutto la candidata sostenuta da Pinter. Nel suo appello ha detto «Mettetemi alla prova, dietro di me non c’è uno spettro del passato». Ha sentito il bisogno di smarcarsi?
Sarà la storia a giudicare certi contributi politici, noi non possiamo liquidare le persone che sono venute prima di noi come se non avessero fatto nulla. Noi abbiamo una chance generazionale, ma dobbiamo ancora dimostrare di essere migliori di loro, tra l’altro in un momento politico in cui la strada è tutta in salita, per tutti. Ognuno di noi aveva dei sostenitori e soprattutto quando è scoppiata la polemica sui vitalizi, molti sono spariti. La parte istituzionale del partito è stata poco presente agli incontri. Che qualcuno debba sempre citare il nome di Pinter come se ora rappresentasse il male di tutto il partito, è sleale e ingeneroso nei miei confronti perché io non sono un burattino. Pinter avrà diritto di pensiero, la campagna elettorale l’ho fatta io. E non mi ha messo qui nessuno.
A proposito di vitalizi, l’assemblea ha approvato all’unanimità un documento.
Sì, che a mio avviso è ancora generico ma è la road map. Per il futuro la direzione indicata dalla giunta regionale mi sembra quella giusta: ciascun consigliere con la sua indennità versa i propri contributi alla propria cassa previdenziale. C’è poi il problema del retroattivo e dei consiglieri della precedente legislatura che hanno incassato i famosi 210 mila euro. Io penso che il fondo per la restituzione sia una cosa doverosa. Fare la cosa giusta è restituire quei soldi. Questo non è populismo, perché - senza mettere nessuno alla gogna - quei soldi non erano un diritto. Questa è una pagina bruttissima che la gente non dimenticherà, certe cifre sono uno schiaffo alla dignità di tante persone. La politica non è fatta solo di razionalità, ma di segnali che parlano anche al cuore della gente. Io non posso mettere la pistola alla testa di nessuno, ma non farò marcia indietro.
Si aspetta dunque un segnale anche dai consiglieri eletti nel 2008?
Certo, anzi a maggior ragione. Ognuno, proporzionalmente, faccia questo benedetto versamento. Quello che è successo è una cosa sbagliata nel merito.
Come formerà la sua squadra di segreteria?
La mia idea è di una segreteria di 8 persone, una delle quali sarà sicuramente Vanni Scalfi con il quale si è ragionato in particolare di una delega ai circoli e agli enti locali. Ci sono alcuni temi specifici da seguire: l’autonomia, le riforme e i rapporti con Roma, il lavoro che è il tema dei temi, il welfare e la sanità, scuola ricerca e università. La segreteria sarà un organo di elaborazione politica forte e vorrei coinvolgere non solo eletti in assemblea ma anche persone che hanno delle competenze ma non hanno la tessera del Pd.
L’incapacità di decidere è stato uno dei limiti del Pd trentino negli ultimi anni. Come pensa di superarlo?
Penso a un ruolo forte dell’assemblea. Vorrei soprattutto che le tante persone nuove che sono state elette fossero responsabilizzate. Dobbiamo trovare un sistema, anche modificando il regolamento, per riuscire - dopo la discussione - a tirare le fila e decidere. Altrimenti si alimenta solo la frustrazione.
Ha sentito Elisa Filippi?
Non ancora, ma la chiamerò e spero di trovare in lei la disponibilità a lavorare insieme.