Ragazza «rapita» dal padre in Marocco
La giovane denuncia: «Mi ha tolto il passaporto e promessa in sposa». Ora si muove il ministro
BOLZANO. La vicenda della ventunenne, bolzanina dall'età di quattro anni, di origini marocchine, prosegue sotto forma di lotta contro il tempo, per salvare la ragazza da un destino non voluto. Del caso si sono occupate anche le cronache nazionali: la ragazza si sarebbe recata in vacanza nei pressi di Casablanca con il padre, che successivamente le avrebbe sottratto il passaporto e i documenti per il soggiorno, impedendole così di rientrare in Italia, forse per combinare un matrimonio con un uomo del posto.
L'associazione Sicurezza & legalità Alto Adige, in particolare il responsabile Francesco Zorzi, è in contatto da qualche giorno con il ministro degli esteri Paolo Gentiloni, tenuto costantemente aggiornato sul caso per tentare dei rapporti diplomatici con il Marocco. Un aiuto è stato anche chiesto alla Digos e al Consolato italiano, rendendo la procedura una mobilitazione nazionale, unica via per poter tentare di risolvere il problema. La ragazza non possiede la cittadinanza italiana e dunque solo documenti marocchini, un cavillo delicato dal punto di vista giuridico.
L'associazione altoatesina ha avviato una raccolta fondi per riuscire a coprire le pesanti spese che ha dovuto affrontare sul suolo marocchino, in particolare il costo legale e dell'ancora ipotetico rientro della ragazza. Zorzi si definisce «ottimista, grazie ai nostri contatti sul posto, sicuri almeno al 99%, la ragazza dovrebbe rientrare verso metà-fine settembre», nonostante le difficoltà riscontrate con le autorità in loco. Ma anche con il ritorno a casa, le difficoltà non mancheranno, perché infatti, al tempo della presenza del padre a Bolzano, ci sono stati svariati interventi della polizia presso la loro abitazione.
La ragazza ha più volte pensato di rivolgersi a qualcuno in passato ma - spiegano all’associazione Sicurezza & legalità - temeva di esporsi ad altri rischi. Chi la conosce, però, non ci ha messo molto a riconoscerla nelle foto in cui mostra con vergogna i suoi lividi e nelle testimonianze audio, uniche prove che è riuscita ad inoltrare con il telefonino tramite WhatsApp, il mezzo che riesce a usare di nascosto per comunicare con Zorzi, a conoscenza da tempo della sua grave situazione. Inimmaginabile era però la reazione del pubblico alla vicenda. Infatti, con il trapelare della notizia, anche a livello internazionale, altre ragazze hanno contattato l'associazione Sicurezza & legalità, per trovare un rifugio dai loro casi, simili a quelli della ventunenne, cogliendo l'occasione per uscire allo scoperto e denunciare coraggiosamente le loro violenze. Perché è di questo, in sostanza, che si tratta, di violenza sulle donne, un tema mai nuovo, ma che con il passare degli anni si fa sempre più sentire, anche se a voce bassa.
Lo riconosce anche il responsabile della moschea in via Volta, Mohamed Essarti, che tiene a specificare la distanza della religione da queste pratiche disumane e che, quindi, non va usata per cercare di indagare su un caso di questo genere. Essarti, infatti, appoggia Zorzi al quale ha dichiarato che in un caso come questo si tratta «di un problema di cultura, non di religione».