donne e politica

Quote rosa in giunta, la crociata dei sindaci. E la legge traballa

I trentini protestano, in Alto Adige due Comuni fanno ricorso. Gianmoena: «Rossi e Daldoss pronti a rivedere la norma»


di Chiara Bert


TRENTO. C’è chi ha dovuto modificare lo Statuto comunale e inserire in corsa una seconda assessora (Pozza di Fassa) e chi, al contrario, ha optato per restare con la giunta a tre pur di non dover prendere un’altra donna in giunta (Ossana e Cloz).

Che la legge sulla rappresentanza di genere nelle giunte fosse stata mal digerita da molti sindaci, soprattutto quelli dei piccoli Comuni, da Soraga a Mezzana, a Rabbi, era apparso chiaro all’indomani del voto del 10 maggio. Ma ora che due Comuni altoatesini (Cortina all’Adige e Glorenza) hanno presentato ricorso al Tar e che il governatore altoatesino Arno Kompatscher ha dichiarato che le quote rosa sono sì da rispettare ma lui ritiene necessario modificare la norma, anche in Trentino molti sindaci attendono con ansia la pronuncia dei giudici (la seduta è fissata il 25 agosto). «Se il Tar desse ragione ai Comuni - osserva il sindaco di Pozza Giulio Florian - è chiaro che gli effetti varrebbero per tutti».

Facciamo un passo indietro. La legge regionale 1 del 5 febbraio 2013 prevede (articolo 3) che «la giunta comunale deve essere composta da rappresentanti di entrambi i generi» e «la rappresentanza del genere meno rappresentato deve essere garantita almeno proporzionalmente alla sua consistenza in consiglio comunale», con arrotondamento per eccesso. Una proporzionalità che ha messo in crisi molti Comuni a cui la stessa legge regionale ha ridotto i componenti del consiglio e della giunta. Con una possibilità: nel caso in cui il sindaco volesse aumentare la sua giunta di un componente può farlo, modificando lo Statuto, purché resti inalterato l’ammontare delle indennità.

La "visione" del sindaco di Cloz: "Le donne? A me piacciono nel letto..."

Così hanno fatto a Pozza di Fassa: «Avevo fatto la giunta con due uomini e 1 donna - spiega il sindaco Giulio Florian - ma per mantenere le proporzioni del consiglio (4 donne e 11 uomini) secondo l’interpretazione per eccesso avrei dovuto avere 2 assessore. Mi è arrivata la diffida della Provincia, se entro 30 giorni non ci fossimo messi in regola il consiglio comunale decade. E così abbiamo modificato lo Statuto, e in giunta è entrata Francesca Dorich, assessora all’istruzione». «Io ho questa idea - prosegue Florian - che se lo scopo della legge era portare più donne in giunta, otterrà l’effetto opposto e alle prossime elezioni invece di mettere in lista donne che hanno consenso, si cercheranno donne deboli per avere poi meno problemi a comporre la giunta».

A Ossana in val di Sole il sindaco Luciano Dell’Eva ha invece optato per una giunta corta a tre, due uomini e una donna: «Per il quarto assessore avrei dovuto prendere un’altra assessora ma il più votato era un uomo. Io non ho nulla contro le donne, ma la parità di genere non può andare a discapito del consenso, cioè della democrazia. Se in consiglio entrano 10 donne a me va benissimo, basta che siano votate». Il presidente del consiglio delle autonomie, Paride Gianmoena, conferma quanto detto all’indomani delle elezioni di maggio: «Resto dell’opinione che l’interpretazione, finché è questa, va rispettata, e l’ho consigliato a tutti i sindaci che in questi mesi si sono lamentati del problema. Detto questo, come Consorzio dei Comuni ci siamo fatti carico di sollecitare il consiglio regionale tramite il presidente Ugo Rossi e l’assessore Daldoss. Nell’ultima riunione entrambi hanno dato la disponibilità ad affrontare la situazione e approfondire la legge. Al di là dell’esito dei ricorsi, ci aspettiamo che questo impegno venga rispettato».

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