Quando Degasperi scriveva ai profughi
Trento. «Le lettere testimoniano il rispetto profondo, assoluto, dell'autore per la persona e la sua dignità, per la comunità e i suoi valori; dicono di relazioni non sporadiche, ma fedeli nel...
Trento. «Le lettere testimoniano il rispetto profondo, assoluto, dell'autore per la persona e la sua dignità, per la comunità e i suoi valori; dicono di relazioni non sporadiche, ma fedeli nel dispiegarsi del tempo e delle situazioni», così ha parlato don Ivan Maffeis, sottosegretario alla Conferenza episcopale italiana nel corso della presentazione dell’Epistolario di Alcide Degasperi, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Poco prima il presidente della Fondazione trentina intitolata allo statista, Giuseppe Tognon, aveva posto l’accento, fra l’altro, sull’impressionante “flusso di corrispondenza con amici, militanti, ex compagni di partito, sacerdoti e vescovi con cui De Gasperi si confrontava in modo mai banale. La grandezza di un politico si è misurata per secoli dal numero dei corrispondenti e l'epistolario degli e agli uomini illustri era un genere letterario importantissimo fino a tutto l'Ottocento. Per Degasperi credo si potrà dire lo stesso: la sua corrispondenza è un monumento alla vita del popolo italiano, perché coglierlo dal cuore del governo significa averlo in mano».
La geopolitica di Degasperi
Nelle relazioni proposte venerdì quella di Lucio Caracciolo, direttore di Limes, è stata soprattutto di carattere geopolitico e ha riguardato il panorama “frequentato” da Degasperi. Proprio a proposito di geopolitica e azioni di governo, il presidente Tognon ha sottolineato che: «Degasperi lavorò perché il necessario ritorno ai dati di realtà che la geopolitica impone potesse avvenire senza dover patire le umiliazioni e le sofferenze che gli italiani avevano subito. Governò con un’intensità spaventosa per risparmiare all’Italia il più possibile di quello che di orribile aveva visto e vissuto».
La relazione di don Maffeis
Don Ivan Maffeis nella sua riflessione, parlando della comprensione di Degasperi rispetto al “senso del disegno della Chiesa di ricostruire un’egemonia diversa sulla società” ha evidenziato come “Degasperi colse il paradosso della Chiesa di quel tempo, che voleva mobilitare i cattolici senza dar loro gli strumenti necessari per essere cittadini responsabili e protagonisti. Abbracciò la politica quale approdò del sentimento morale e sociale dei cattolici di fine Ottocento; la visse come una missione (la “forma più alta ed esigente di carità”, come disse Paolo VI) con cui declinare i principi dell’umanesimo cristiano; la scelse soffrendone i limiti, eppure senza mai rinunciare al dialogo e all'alleanza - anche di governo - con altre tradizioni culturali e politiche, purché di accertata estrazione liberal-democratica. Da queste lettere avvertiamo emergere una statura morale di cui oggi sentiamo la carenza. Ci chiediamo come facesse a lavorare con quella intensità, quel rigore e quell’accanimento al dovere, compiuto con modestia e umiltà, fino al sacrificio di sé. L'Epistolario ce ne mostra la coscienza educata e libera, l'autonomia intellettuale, le convinzioni che lo animarono; ci fa sentire che cosa significhi donarsi alla politica, scelta a caro prezzo, pagata spesso con la solitudine».
Le lettere ai profughi
L'Epistolario - disponibile sul sito www.epistolariodegasperi.it - ci racconta, in diversi tratti, di un Alcide Degasperi poco conosciuto. Durante il periodo in cui il Parlamento di Vienna (dove era stato eletto nel 1911 con oltre tremila voti, tra le fila dei Popolari), fu inoperoso dal 1914 al 1917 (causa la Prima Guerra Mondiale), si dedicò soprattutto ai profughi di guerra. Una lettera datata 4 ottobre 1917, attesta il suo impegno per risolvere le condanne ingiuste, indipendentemente dal credo politico dei condannati. Una lettera in cui la condannata per spionaggio e irredentismo (prima a morte poi convertita a 10 anni di carcere duro) è Bice Rizzi proveniente da una famiglia liberal nazionale e di simpatie battistiane. Dopo la Grande Guerra, diventerà una delle maggiori animatrici del panorama culturale trentino e, in seguito, direttrice del Museo del Risorgimento, presidio culturale che ora si è evoluto in Fondazione Museo storico del Trentino.
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