Prende a coltellate il compagno di bevute
Arrestato dalla polizia un kosovaro di 37 anni. L’aggredito, un macedone di 53 anni, si è rifugiato nel bagno di una sala giochi
TRENTO. Prima erano quattro amici al bar. Che hanno bevuto birra, scherzato e riso assieme fino a notte fonda. Tra ricordi e aneddoti raccontati, come cantava Gino Paoli. Qualche ora dopo, quando i fumi dell’alcol hanno annebbiato i cervelli, sono diventati dei bruti. Pronti a prendersi a bottigliate e a pugni, a regolare i conti con il coltello, inseguendosi da un locale all’altro.
Da una serata “conviviale” al tentato omicidio, secondo l’accusa che è stata formulata nei confronti di Salja Jeton, kosovaro di 37 anni, arrestato dalla Squadra Volante della polizia alle 2 di notte in viale Verona.
Si scrive “futili motivi”, si legge furia scatenata dall’alcol.Tutto inizia, stando alla ricostruzione fatta dagli investigatori della Mobile, attorno alle 1 e 40 del mattino. Jeton si trova all’interno dell’internet point Cyber City, in viale Verona 20: sta bevendo qualcosa da solo, al banco, quando lo raggiungono tre conoscenti, anch’essi provenienti dall’ex Jugoslavia. Un ritrovo tra “paesani”, quasi una rimpatriata. Il quartetto trascorre alcune ore in allegria, passando da una birra all’altra.
Finché per il titolare del locale non viene l’ora di chiudere. I “quattro amici” si alzano e vanno verso l’uscita: è qui, sull’uscio che scoppia la lite, improvvisa. Le telecamere interne all’internet point documentano la prima fase dell’incontro-scontro. Sembra che Jeton si prenda uno schiaffo e anche una bottigliata in testa da uno del gruppo, un macedone di 53 anni.
Quello che succede all’esterno è raccontato da alcuni testimoni. Il kosovaro reagisce ma non con le mani: estrae un coltello che aveva con sé e colpisce il macedone. Alcuni fendenti, in rapida successione, al torace, che procurano all’uomo altrettante ferite complicate da uno pneumo-emotorace, cioè un versamento di sangue nelle cavità pleuriche. Per il procuratore Marco Gallina una parte del corpo densa di organi vitali, solo per caso non interessati: un quadro tale da spingerlo a formulare l’accusa di tentato omicidio a carico dell’accoltellatore, e a chiederne l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere.
Ma la vicenda non è finita qui. Il macedone, ferito, ha comunque le forze di fuggire e rifugiarsi nella vicina sala giochi Admiral, riuscendo a raggiungere il bagno e a chiudersi dentro a chiave. Jeton però non demorde: ancora in preda all’ira lo insegue e, con tono minaccioso, intima a un’impiegata dietro al bancone di dargli le chiavi, senza però riuscire nel suo intento.
Nel frattempo è partita la chiamata al 113 e due pattuglie della polizia convergono in viale Verona. Il ferito, credendo che l’aggressore si sia allontanato, esce dal bagno. Quello però è ancora lì e lo colpisce di nuovo, questa volta - sembra - “solo” con dei pugni. Sono gli agenti della Volante ad immobilizzare Jeton - prima che la situazione rischi di degenerare ulteriormente - e a richiedere immediatamente l’intervento del 118, resisi conti della gravità delle condizioni in cui versa il macedone, che viene accompagnato d’urgenza al vicino pronto soccorso. Viene ricoverato prima in rianimazione, in prognosi riservata, poi in chirurgia. È fuori pericolo.
Salja Jeton, tratto in arresto, viene anche lui medicato per la botta causata dalla bottigliata. Poi finisce al carcere di Spini di Gardolo. A difenderlo l’avvocata Elena Gabrielli. Gli altri due avventori, nel frattempo, se la sono data a gambe, ma la polizia li sta cercando per appurare il loro eventuale coinvolgimento nell’aggressione.
In attesa che sia chiarito ogni contorno della vicenda, resta la gravità di un fatto, il terzo di questo genere in pochi giorni, che solo per cause fortuite non ha avuto un esito tragico.