Pensionato truffato, la banca risarcisce
Vittima di un raggiro un anziano che doveva incassare un assegno per la vendita dell’auto. Ma il vaglia era falso
TRENTO. La macchina del cliente, 36 mila euro, alla fine l’ha dovuta pagare la banca. E’ finita in tribunale la vicenda che ha visto un trentino vittima di un raggiro che la sua banca non ha saputo evitare.
L’uomo, ora defunto, all’epoca dei fatti era pensionato. Nel 2014 aveva pubblicato su siti internet specializzati il suo annuncio: doveva vendere la propria macchina, una Mercedes, per pagarsi delle cure mediche.
L’anziano era stato contattato da un uomo che si era dichiarato disponibile all’acquisto del mezzo. Il pagamento lo avrebbe effettuato tramite titolo di credito, assegno o vaglia postale. Sarebbe quindi venuto a ritirare il veicolo.
Il pensionato però voleva accertarsi che il compratore della propria macchina avesse effettivamente la disponibilità economica necessaria per l’acquisto della Mercedes.
Si era rivolto quindi ad una banca, la ex Cassa Rurale di Aldeno e Cadine. Dall’istituto era stata data ampia rassicurazione su come si sarebbe dovuto procedere. La banca avrebbe potuto verificare, in tempo reale, lo stato del titolo e la copertura dell’importo, prima di metterlo all’incasso.
L’anziano però sarebbe dovuto diventare cliente della banca. Così aveva fatto il pensionato, la procedura era necessaria semplicemente per concludere l’operazione di vendita della macchina. Così, il pensionato e l’aspirante acquirente della vettura si erano recati in banca, con il vaglia postale che doveva essere verificato.
L’impiegata designata all’operazione di controllo si era attardata nel trovare il numero dell’ufficio postale da dove proveniva il vaglia la cui copertura doveva essere verificata. Così, gentilmente, era stato l’aspirante acquirente a fornire alla donna il numero di telefono necessario. Lo aveva sul cellulare. L’impiegata, a questo punto, aveva telefonato. L’ufficio postale in questione (nel bergamasco) aveva accertato che il titolo era autentico. A quel punto sarebbe bastato trasferire l’importo, i 36 mila euro della macchina, sul conto da poco aperto dal pensionato presso la Rurale. Vendita formalizzata, vettura intestata al nuovo proprietario. Pochi giorni dopo la transizione, però, il pensionato aveva appreso che il vaglia incassato dalla banca era falso. All’altro capo del telefono, al momento del controllo del titolo, in Cassa Rurale, non c’era l’ Ufficio postale di provenienza dei presunti denari, ma un complice dell’acquirente della macchina. La Rurale si era dichiarata estranea al raggiro, dal momento che la dipendente aveva proceduto alla verifica del bene di emissione. Alla donna avevano risposto le Poste Italiane: non poteva sospettare che quell’interlocutore, in realtà, fosse un impostore.
Per il tribunale però, questa giustificazione non è stata sufficiente. La responsabilità della Cassa Rurale nei confronti del pensionato, per il danno patrimoniale che l’uomo stesso ha subito, è stata accertata. La banca non è stata in grado di evitare che la truffa venisse commessa. Avrebbe dovuto verificare più attentamente e dunque ora dovrà risarcire l’anziano. (f.q.)