«No alle primarie, il Pd trovi un nome gradito agli alleati»

Andreatta sferza il partito: «Serve un leader coalizionale e con esperienza di governo, sia l’assemblea a individuarlo»


di Chiara Bert


TRENTO. «Oggi la coalizione è più importante del partito. Per questo il Pd ha una responsabilità per il dopo-Dellai, quella di proporre un candidato alla presidenza della Provincia che sia di garanzia anche per gli alleati». Alessandro Andreatta, sindaco di Trento e tra gli sponsor di Ale Pacher, sferza il Partito democratico: «Alle prossime provinciali il centrosinistra può vincere col 60% dei consensi, a patto che non si incarti. Che non ci facciamo del male da soli. Per evitarlo serve un confronto vero, leale, dentro il nostro partito. Subito».

Andreatta, parrebbe di capire che questo confronto che lei auspica stia mancando. Eppure dopo il passo indietro di Pacher il Pd sta vivendo un momento di grande fibrillazione. è così?

Con la sua persona e il suo percorso, Pacher rappresentava il Pd, la sintesi tra storie e sensibilità diverse, e incarnava la scommessa di una grande forza riformista dentro un sistema bipolare. Ma era soprattutto una garanzia per la coalizione. Oggi mi sembra che, se c’è un orfano di Pacher, più ancora del Pd, è l’Upt. Ma sono convinto che anche il Patt avrebbe dato il suo via libera a Pacher.

Che però non piaceva a una parte del suo partito...

Ma oggi la coalizione è più importante del partito. Si può anche ottenere il 30% alle elezioni, è una bella testimonianza ma si rinuncia a governare. Io non sono di questa idea. Con Pacher sarebbe stato più facile, ma così non è e la politica ci costringe ad andare avanti.

E come si va avanti?

Oggi il Pd, come primo partito, ha la responsabilità di fare la prima mossa. Di convocare subito le altre forze di maggioranza per ragionare su un programma e sulle alleanze, ma anche di presentarsi al tavolo della coalizione proponendo un candidato alla guida della Provincia che abbia il sostegno del partito e che sia gradito anche agli alleati.

Come lo si individua, questo candidato? Il segretario Nicoletti, e altri con lui, sostengono da sempre la strada delle primarie.

Lo dico chiaramente: io sono contrario a doppie primarie, del Pd e della coalizione. Nonostante la crisi che vivono, io sono tra quelli che continuano a credere nei partiti, perché la democrazia ne ha bisogno. Penso quindi che, nel rispetto della partecipazione, l’assemblea provinciale del Pd sia pienamente titolata a individuare il miglior candidato e il miglior progetto. Io non ne faccio parte ma l’abbiamo eletta con le primarie e mi sento rappresentato. Confrontiamoci con grande lealtà e trasparenza. In un grande partito convivono sensibilità diverse, si può anche litigare, ma guardiamoci negli occhi. Facciamolo subito.

Perché questo candidato non può essere individuato con le primarie, chiamando a scegliere gli elettori?

Io non temo affatto le primarie, ricordo che ci sono passato. Le considero uno strumento, non una panacea. Oggi ritengo che la responsabilità del Pd sia di convergere su una persona che abbia certe caratteristiche.

Quali?

Serve un candidato coalizionale, come dicevo. E poi un candidato di esperienza. Per un ruolo di responsabilità massima come la presidenza della Provincia non ci si improvvisa. Occorre avere alle spalle un’esperienza nelle istituzioni, meglio ancora un’esperienza di governo perché è lì che si sperimenta la quotidianità delle scelte, del confronto con i cittadini e tra le forze politiche.

Visti i nomi del Pd finora emersi, lei sembra schierarsi con Olivi e non con Borgonovo Re.

Il mio è un ragionamento politico, che in questo momento - davvero - prescinde dalle persone. Conosco Donata Borgonovo Re da molti anni e la stimo. Quando dico che serve un candidato di esperienza non lo dico perché sono a favore di un cursus honorum. Non credo che per guidare la Provincia occorra aver fatto tutta la trafila politica dal consiglio circoscrizionale in su. Ma perché nelle condizioni in cui siamo, serve un candidato che si sia misurato con il governo.

Se al tavolo della coalizione non si trovasse la convergenza sul nome proposto dal Pd, cosa si dovrebbe fare?

A quel punto ci sono le primarie di coalizione, alle quali - a mio avviso - il Pd non potrebbe presentarsi con più candidati. Sarebbe una follia, un farsi male da soli.

Secondo lei dovrà essere un candidato che garantisca la continuità con le giunte Dellai?

Io penso che dopo tre legislature Dellai, la discontinuità è nei fatti. Ci sarà un altro presidente, e ci sarà una situazione economica diversa che imporrà scelte molto più stringenti rispetto al passato. Ma a chi chiede discontinuità con questa esperienza di governo, io rispondo che la continuità dovrebbe essere più forte della discontinuità. Perché in questi 15 anni si è governato bene, il Trentino è cresciuto, ha investito in università, in ricerca, in turismo. E credo che i cittadini si sentano rassicurati dal buon governo e questo lascerà meno spazio ai movimenti di protesta come quello di Grillo.

Parliamo di alleanze. Il segretario del Pd ha auspicato l’allargamento a sinistra della coalizione. Lei come vede un’apertura a Sel?

In questa fase mi sento “montiano” ma distinguo due piani. A livello nazionale c’è bisogno dell’alleanza sia con Sel che con l’Udc e l’area di centro, anche se ritengo che con Sel dovrà essere fatto un discorso chiaro rispetto all’esperienza del governo Monti. A livello locale parto dalla coalizione esistente e l’apertura la immagino verso il centro. Ciò non significa inciuciare con segmenti del centrodestra, il confine dev’essere ben chiaro. Ma tanto più se il manifesto di Dellai e Montezemolo si tradurrà in una formazione politica, io dico che con quell’area dobbiamo parlare. Con persone come Riccardi e Olivero, che conosco e stimo, io voglio dialogare. E come me lo vuole una grossa parte del Pd.

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