«Modena»: folk e impegno

A Mezzocorona i City Ramblers fanno scatenare mille fan


Katja Casagranda


MEZZOCORONA. Erano in mille a ballare e cantare sotto il palco dei Modena City Ramblers, nella tappa di sabato sera a Mezzocorona del loro «Seduto sul tetto del mondo tour» per la rassegna «Solstizio d'estate 2011». Sfidando le avverse condizioni climatiche, i tanti fan si sono assiepati sotto il tetto della cittadella del vino al Palarotary di Mezzocorona che li ha protetti dalla pioggia di una serata uggiosa. Un'ambientazione suggestiva e riuscita, che forse ha pure esaltato la performance della formazione combat-folk, che tra l'altro in vista dei referendum ha inneggiato all'impegno civile nei confronti del voto: «Facciamo esercizio consapevole della democrazia, domani: un esercizio di cui spesso siamo dimentichi», hanno inneggiato dal palco infiammando un pubblico eterogeneo e intergenerazionale, con i fan di prima data - quelli che avevano scoperto i Modena City Ramblers quando ancora cantavano in dialetto emiliano agli esordi della carriera - e tantissimi giovani che una dopo l'altra hanno cantato assieme alla band tutte le canzoni della scaletta proposta. Due ore e mezza di spettacolo tutto d'un fiato.  Il live parte con «Altritalia» sulle cui note la band saluta il pubblico: «Benvenuti sul tetto del mondo - incalza Davide, il front man della band -. Domani andrò a votare. Sì o no non è importante, ciò che importa è impegnarsi e metterci la faccia come fanno le cooperative di Libera, Emergency, Amnesty e Oxfam», ricordando le associazioni che i Modena sostengono. In scaletta seguono «Libera Terra» e «Onda libera», tratta dal disco del 2009 «Onda libera», per passare poi a «Il posto dell'Airone» che racconta dei momenti passati nello studio di registrazione, in quello che, confidano, «per noi si è trasformata in una vera casa e una grande famiglia...». Con «S'ciòp E Picòun» la band introduce un lungo appunto sull'emigrazione: «Dopo la Resistenza molti italiani sono andati a cercare fortuna all'estero, ma è difficile da capire per chi non è stato fra quella gente che portava tutta la propria vita in una valigia fatta di cartone. Si dovrebbe essere più solidali con chi arriva da noi in cerca della stessa cosa». In un crescendo di coinvolgimento da parte di un pubblico in cerca di messaggi chiari in cui identificarsi sono seguite «I Que Viva Tortuga», «Viva la vida», «I giorni della crisi» fino a «Contessa» e l'immancabile «Bella Ciao» in un coro di mille voci e mani alzate al cielo, a dimostrare che gli ideali non muoiono mai ma scorrono di generazione in generazione.

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