Maxicausa alla famiglia Cappelletti

L’Azienda sanitaria ha citato in giudizio il padre e il fratello chiedendo 1,5 milioni. I loro beni erano già sotto sequestro



TRENTO. Le cause non finiscono mai per la famiglia di Maria Angelica Cappelletti, l'ex funzionaria dell’Azienda sanitaria condannata per aver sottratto 3 milioni e 100 mila euro alle casse della sanità provinciale con una serie fittissima di finti rimborsi. Dopo il pesante conto presentato in sede penale per la truffa, tre anni per la Cappelletti in abbreviato, 4 anni e 6 mesi per suo marito Mauro Biasiolli e per il fratello Eugenio Cappelletti , arriva il versante della giustizia civile. L’Azienda sanitaria, difesa dall’avvocato Franco Larentis, ha citato in giudizio il padre dell’ex funzionaria, Augusto Cappelletti e il fratello Eugenio. L’Azienda chiede un milione e mezzo di euro, ovvero la somma che l’ex funzionaria avrebbe depositato sul conto del padre. L’atto di citazione è stato notificato nei giorni scorsi al difensore di Augusto ed Eugenio Cappelletti, Lorenzo Eccher. Da notare che l’inchiesta penale nei confronti di Augusto Cappelletti è ancora in istruttoria. Questa non è che l’ultima tegola piovuta sul capo dei familiari della Cappelletti. La Procura, prima, e la stessa Azienda sanitaria, poi, avevano ottenuto il sequestro preventivo dei beni degli indagati. Si trattava di alcuni appartamenti, vari terreni e il capannone dell’impresa. Poi era arrivata anche l’inchiesta per evasione fiscale. In particolare la Guardia di Finanza del nucleo di polizia tributaria, contesta a Mauro Biasiolli e al papà della Cappelletti, Augusto, una maxievasione fiscale. Secondo gli inquirenti, i due avrebbero dovuto pagare le tasse sugli introiti della truffa. Per questo il pm Marco Gallina ha aperto due distinti fascicoli per evasione fiscale. Secondo la Finanza, Augusto Cappelletti avrebbe sottratto al fisco un milione e 91 mila euro, mentre Biasiolli si sarebbe fermato a 600 mila euro. Ad Augusto viene contestata l'evasione per quattro anni, dal 2007 al 2010, mentre per Biasiolli si tratta di tre anni.

E' importante l'orizzonte temporale perché per legge l'evasione fiscale diventa reato quando si super la soglia di 150 mila euro all'anno. A entrambi il pm contesta i reati di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione. Il problema della qualificazione giuridica del fatto, però, è abbastanza complesso. Per questo motivo, il pm ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta nei confronti di Biasiolli. Un'archiviazione che difficilmente verrà concessa. Si tratta, però, di stabilire qual è il reato presupposto, cioè quello che ha prodotto il reddito nascosto al fisco. Ovvero se si è trattato di truffa, oppure di ricettazione come ipotizzato da altre ricostruzioni dell’accusa. In base al reato si potrà suddividere il reddito anche tra i protagonisti e calcolare, quindi, l'evasione. Quello che è certo è che i parenti della funzionaria rischiano ancora molto. La vicenda è quella che ha scosso, due anni fa l'Azienda sanitaria che scoprì che un'impiegata di sesto livello, la ragioniera Maria Angelica Cappelletti, in una decina di anni aveva sottratto alle casse dell'Apss 3 milioni e 100 mila euro di euro. Lo aveva fatto creando dei falsi rimborsi intestati a persone che effettivamente ne avevano diritto e convogliando i bonifici dell'Azienda sui conti correnti della sua famiglia. Questa l'accusa che veniva mossa nei confronti della donna arrestata nel giugno del 2011 assieme al fratello e al marito. Tutti e tre sono stati condannati in primo grado per truffa. In primo grado, Mauro Biasiolli e Eugenio Cappelletti erano stati condannati dal giudice Guglielmo Avolio anche al pagamento di una provvisionale di un milione e mezzo di euro. La provvisionale, però, non è immediatamente esecutiva. Per questo l’Azienda sanitaria si è mossa per recuperare almeno una parte dei tre milioni che mancano. Difficile, pèerò, che i beni sequestrati ai Cappelletti valgano così tanto.

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