LAVORO

Marangoni, cassa integrazione per 50

L’azienda: «Grave crisi di commesse, la richiesta riguarda tutti i 290 dipendenti per un anno a partire dal 24 di agosto»


di Giuliano Lott


ROVERETO. L’annuncio, a pochi giorni dalla richiesta d’incontro dei sindacati che chiedevano chiarimenti sulle intenzioni dell’azienda per il futuro, è da far tremare i polsi. La Marangoni ha richiesto un incontro al Servizio lavoro della Provincia per proporre la cassa integrazione straordinaria per tutti i suoi 290 dipendenti (tra impiegati, intermedi e operai), aggiungendo di prevedere che il provvedimento interesserà in modo stabile circa 50 lavoratori salvo necessità determinate da condizioni di mercato più sfavorevoli del previsto.

I motivi della drastica cura dimagrante sono spiegati nella stringata missiva che l’azienda ha inviato al sindacato ancora prima dell’incontro fissato per il prossimo 12 agosto. Marangoni parla di «risultati gestionali involutivi» e di «previsioni per i prossimi 12 mesi che evidenziano una grave contrazione dei mercati di riferimento e conseguentemente delle vendite». Fenomeni che «hanno condizionato e condizionano - scrive il direttore dello stabilimento Roberto Busato - i volumi produttivi principalmente delle linee della ricostruzione autocarro a caldo, della ricostruzione movimento terra e della ricostruzione TL/4x4 con ripercussioni negative anche sulla produzione delle mescole e semilavorati per uso interno». Tale situazione, prosegue la lettera spedita dalla sede di Confindustria, si è riflessa «anche sui risultati aziendali che pertanto presentano a loro volta indicatori di crisi significativi».

Da questi presupposti discende la scelta di richiedere la cassa integrazione, a decorrere dal 24 agosto, per la totalità dei dipendenti che «in ragione della crisi potrà essere anche totalmente sospeso dal lavoro». Aggiunge l’azienda che «comunque e salvo tale eventuale necessità si prevede che la cassa integrazione straordinaria coinvolgerà stabilmente attraverso la sospensione totale dal lavoro» di circa 50 dipendenti. Verrà attuato il meccanismo della rotazione «compatibilmente con i vincoli di fungibilità delle competenze dei singoli lavoratori e con le esigenze tecnico, organizzative e produttive», ma Busato precisa che «la drastica riduzione di attività di alcune linee produttive comporterà l’impossibilità di effettuare la ritazione del personale privo di fungibilità di mansioni», e ciò vale per circa 15 dipendenti.

In poche parole, una doccia fredda per i quasi 300 lavoratori dello stabilimento roveretano, che ora dovranno fare i conti con lo spettro della disoccupazione se tra un anno le condizioni di mercato non saranno mutate, se non addirittura peggiorate. E ciò arriva a poco più di un anno dal patto “lacrime e sangue” con il quale i sindacati hanno accettato condizioni di lavoro peggiorative a fronte dell’impegno dell’azienda a investire nella tecnologia e garantire il mantenimento dei livelli occupazionali.

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