«Le Speciali non si salveranno»

L’ex ministro Quagliariello per il no: «Impensabile che resistano al centralismo della riforma»


di Gilda Fusco


TRENTO. «Si passerà da un bicameralismo perfetto a un bicameralismo confuso», sentenzia il senatore Gaetano Quagliariello, già ministro per le riforme del governo Letta, da un anno tornato all’opposizione dopo la rottura con il Nuovo centrodestra di Alfano. Ieri era all’Hotel Trento per parlare della riforma costituzionale, invitato dal comitato “Il no che serve”, sponsorizzato dal vicepresidente del Consiglio provinciale Walter Viola e dagli avvocati Andrea Merler e Maurizio Roat.

Senatore Quagliariello, perché lei ritiene che questa riforma sia uno stravolgimento del sistema costituzionale?

Perché gli obiettivi che sponsorizzano i sostenitori del sì non verranno raggiunti. Anzi: il bicameralismo, piuttosto che essere semplificato, ne uscirà più confuso; i rapporti tra Stato e Regioni, anziché essere razionalizzati, diverranno più difficoltosi; e infine non si assicura nessuna stabilità governativa, perché se nasce un dissidio interno al partito vincitore si dovrà comunque andare a cercare voti altrove. Questa riforma affida semplicemente più potere al premier, senza che però vi siano adeguati controlli.

Lei ha scritto molto su De Gaulle. Questa riforma c’entra qualcosa con quella francese?

No, nemmeno nel metodo. La Carta della V Repubblica fu scritta da un vastissimo arco di forze: democristiani, socialisti e conservatori furono protagonisti della sua stesura. De Gaulle volle che a scrivere la carta fosse un rassemblement, e non solo gli uomini attorno a lui. Non si può dire altrettanto di questa riforma.

Qual è, secondo lei, la parte peggiore di questa riforma?

Senza dubbio il Senato: non si capisce bene cosa sia, non si sa ancora come verrà formato e rischia di essere un ente dannoso ancor più che inutile. Avrebbe dovuto essere la Camera delle Regioni, invece in Senato saranno rappresentati i partiti. Oltretutto è impensabile che le autonomie speciali resistano, nel medio-lungo periodo, alla tendenza centralizzatrice.

Chi critica il quesito referendario si sente spesso rispondere che avrebbe dovuto lamentarsi del titolo della riforma, a suo tempo. Perché non lo si è fatto?

Il problema è che il quesito è stato formulato senza seguire il dettato legislativo. L’articolo 16 della legge sul referendum richiede che il quesito su una riforma costituzionale sia neutro: non dovrebbe essere riportato il titolo della legge, bensì il contenuto; addirittura devono essere elencati gli articoli. Il quesito proposto, invece, è stato scritto come se si trattasse di una legge costituzionale. E sembra essere stato ispirato da Massimo Catalano, che diceva “meglio essere sani e ricchi piuttosto che malati e poveri”. Fortunatamente gli italiani non la bevono.

Secondo alcuni non è opportuno che questo Parlamento, data la sentenza della Corte Costituzionale che ha definito incostituzionale il Porcellum, vari una riforma costituzionale. Cosa ne pensa?

L’incostituzionalità della legge elettorale non comporta l’incostituzionalità del parlamento. Ma la sentenza avrebbe dovuto spingere tutti ad avere prudenza (innanzitutto il governo) e ad approvare una riforma condivisa.

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