Laurina Paperina, l'artista del paradosso
La giovane trentina in mostra da Raffaelli a Palazzo Wolkenstein
TRENTO. Come ben si sa ogni luogo o incontro può essere la molla che ti proietta oltre la dimensione fisica e psichica del momento. Ciò avviene quando i nostri sensi sono aperti al mondo, sono rapaci e voraci, tesi a cogliere e approfittarne di tutti gli elastici possibili per cavalcare la grande onda che ci conduce ad attraversare i labili confini tra i mondi di sotto e quelli di sopra, tra la realtà e l'immaginario. E non sappiamo bene quale dei mondi paralleli possa essere quello vero o un simulacro. Questo capita quando ci troviamo di fronte ad un'icona, esente dalla prospettiva, dal concetto nostro di tempo e di spazio, incompatibile con la pittura dominante in occidente. Meditandola essa ci conduce in un mondo fatto di luce e di immagini metafisiche. Ci proietta in un'altra dimensione.
Guardando un'icona si materializzano gli infiniti legami tra le cose e le idee. Questo perché abbiamo superato una soglia, una porta regale. Scavalcando la breve pietra che delimita il grande atrio di pietra di Palazzo Wolkenstein, a Trento, sede dello Studio d'Arte Raffaelli, dagli avvolti protettivi dei saloni affrescati con maniera, ci imbattiamo in un'altra soglia. Superandola troviamo di fronte a noi il mondo di Laurina Paperina.
Sono frammenti di una società, la nostra, arrivata ai confini della deriva etica, icone specchianti le vertebre di uno spot infinito dove il quotidiano è catapultato sul palcoscenico dell'ironia, della dissacrazione. Laurina Paperina surreale artista che gioca d'azzardo con l'assemblaggio di motivi paradossali? Sembrerebbe di si. Tutto il suo mondo nato dal fantasticare dei ragazzi che dietro un angolo cercano di misurare chi lo ha più lungo viene decontestualizzato e ricontestualizzato attraverso un percorso di associazioni, di mescolamenti e contaminazioni tipico del mondo dei fumetti e dei gadget e ormai inusuale per il mondo dell'arte.
L'artista ci mostra l'estrema idiozia della nostra società che si è aperta molte vie per diffondersi a tutti i livelli. Lo fa come lo può fare un saltimbanco di un mercato delle pulci: piroettando da un'icona all'altra, tagliando e ricucendo, sottraendo e accostando. Sempre comunque sorridendo, facendo intravedere la bianca dentatura della cacciatrice che affonda le proprie mani nel magma di una realtà ormai talmente assurda, folle, falsa, mistificata e profondamente puzzolente.
Più che le sue immagini irriverenti mi colpisce il suo modo di fare tutto questo. Lo accomuno a quei vagabondi siri che nel IV secolo dopo Cristo erravano per le città mediorientali, turbando la pace della Chiesa e dello Stato, per manifestare la propria condizione di stranieri e di avventizi in questo mondo. Perché a quel tempo il vero cristiano, come veniva descritto dal Nuovo Tesamento, doveva essere straniero in questa terra, abitante di tutte le città e di tutte le nazioni e allo stesso tempo figlio soltanto del mondo. Oppure dietro Laurina Paperina si nasconde il cuore e la mente di un vagabondo mistico russo, pellegrina nel mondo delle immagini, in continuo movimento perché ormai non ci sono più colonne di marmo che segnano il cammino della sicurezza.
Più che le sue opere mi affascina questo modo di essere, il riconoscimento di una certa sacralità del suo porsi come mendicante vagabonda dell'immaginario fantastico contemporaneo, la grande capacità di ridere dove non si deve e di piangere dove si ride. L'inversione del mondo è la metafora del mondo alla rovescia, del paese della Cuccagna. I suoi lavori sono partoriti da cosce erotiche di improbabili Semele, venuti alla luce in un mondo su cui non primeggia la realtà che ci raccontano i giornali e i politici ma la metafisica di un Ubu Roy scatenato.
Benvenuta Laurina Paperina nel perverso quanto ricchissimo mondo della patafisica, una delle poche armi filosofiche che oggi noi possediamo per farci uno sberleffo di tutto quello che sta fuori, tra le vetrine di un negozio e l'ignoranza dell'essere.