La Protonterapia bloccata dalla troppa burocrazia

La struttura che è già costata 104 milioni di euro ancora non può curare i malati e non potrà farlo ancora per qualche mese. Mancano le autorizzazioni



TRENTO. Il progetto della Protonterapia ormai ha 15 anni. E’ nato con la prima giunta Dellai. La Provincia ha già speso 104 milioni di euro e deve pagare un canone di 92 milioni di euro in 15 anni per la costruzione e la gestione della nuova mastodontica struttura. Eppure ancora non un solo malato è stato curato con le due nuovissime macchine in grado di colpire i tumori con fasci sottilissimi di protoni. Una tecnologia all’avanguardia, nel mondo i centri del genere sono 42 e in Europa solo 5, che sembra bloccata dalle pastoie burocratiche. Dall’1 gennaio l’agenzia per la Protonterapia, Atrep, non esiste più e la struttura è passata all’Azienda sanitaria. Adesso la Protonterapia è a tutti gli effetti un’unità operativa dell’ospedale Santa Chiara con un primario, il dottor Maurizio Amichetti. Le due macchine, costituite da sofisticate apparecchiature di produzione delle particelle, il ciclotrone, e da un sistema di trasporto del fascio e di rilascio sul paziente (gantry), sono già operative, anche se devono essere tarate e provate, soprattutto per arrivare a un livello di sicurezza dei trattamenti. Quello che manca sono gli accreditamenti da parte del Ministero della Salute, le autorizzazioni della Provincia e anche l’inserimento dei trattamenti nei cosiddetti Lea, cioè livelli essenziali di assistenza. Un passaggio fondamentale, questo, per fare in modo che il trattamento venga riconosciuto dal Servizio sanitario nazionale e, quindi, rimborsato. Il costo stimato di un ciclo di trattamenti è di 25 mila euro. Un costo concorrenziale con quello di trattamenti dello stesso tipo nelle strutture degli Stati Uniti dove si arriva a spendere anche 130 mila dollari.

Il fattore costo sarà uno di quelli essenziali per cercare di attirare pazienti. Il centro trentino a regime potrà trattare dai 700 agli 800 pazienti all’anno. Sarà destinato a curare determinati tipi di tumori, soprattutto quelli al cervello, al collo e particolari tipi di sarcomi. I pazienti più indicati sono i bambini, dal momento che la precisione di questo tipo di trattamento permette di non danneggiare le parti sane vicine al tumore e, quindi, di limitare al massimo i danni soprattutto per gli organismi in fase di crescita.

Fin qui le caratteristiche positive della Protonterapia. Gli aspetti negativi, però, arrivano all’atto pratico. La mancanza degli accreditamenti impedisce la partenza dell’esperienza. Il primario Amichetti e l’Azienda sanitaria sperano che si possa partire entro la fine dell’estate, ma non ne sono sicuri. Inoltre, l’apparecchiatura così come è adesso non può curare altri tipi di tumore per la quale sarebbe indicata, quelli all’occhio, perché mancano dei pezzi.

(u.c.)













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