La prof è su Instagram, ma erano i suoi studenti 

Un falso profilo creato con il telefonino dai ragazzi di una scuola media della città In classe arriva la polizia: «Non si scherza». E la preside: «Ora fuori i colpevoli»


di Andrea Selva


TRENTO. Altro che bravata, come hanno provato a definirla alcuni genitori: quanto è accaduto in una scuola media della città (di cui il Trentino ha scelto di non indicare il nome) sarebbe ai confini del codice penale, se non fosse che i ragazzi protagonisti di questo episodio (ancora ignoti) probabilmente non hanno ancora compiuto 14 anni.

Al centro della vicenda c’è l’uso spregiudicato del telefono cellulare con cui alcuni ragazzi hanno creato un falso profilo Instagram di un’insegnante (completamente ignara di quanto stava accadendo) per poi diffondere su internet immagini e filmati dei propri compagni e dell’attività scolastica. Sono stati proprio alcuni ragazzi (stupiti dell’attività “social” della prof) a chiedere spiegazioni alla docente. E a quel punto è saltato il palco ed è cominciata la caccia ai responsabili, con la polizia postale giunta in classe (una terza) per spiegare ai ragazzi che con certe cose non si scherza. Ma forse gli agenti avrebbero dovuto spiegarlo anche ai genitori, almeno quelli che - di fronte alle autorità scolastiche - hanno minimizzato: «Una bravata, non era il caso di chiamare la polizia».

Dell’identità dei responsabili al momento non si sa nulla, visto che l’appello della preside (“chi sa parli”) è caduto nel vuoto. Ma potrebbe essere la stessa polizia postale a fare chiarezza sull’accaduto se la docente dovesse decidere di presentare denuncia con l’ipotesi di sostituzione di persona. È vero che i ragazzi di quell’età non sono imputabili, ma è anche vero che i loro genitori - bravata oppure no - potrebbero essere chiamati a risponderne dal punto di vista civile, insomma a pagare i danni.

E non è finita qui. Alcuni ragazzi della stessa scuola hanno denunciato di aver ricevuto insulti via WhatsApp. Il gruppo è quello dei compagni di classe, ma in questo caso la scuola non c’entra: i genitori si sono rivolti direttamente alla questura. Comunque la preside ha colto l’occasione per intervenire sul tema con un lungo avviso in cui si ricordano ai genitori le norme che regolano l’utilizzo dei cellulari in ambiente scolastico, chiedendo ai genitori che affidano uno smartphone ai propri figli, di educarli a un comportamento corretto e soprattutto di vigilare.

Le regole sono queste: «Come avviene in quasi tutti i paesi europei, anche in Italia l’uso del cellulare a scuola è vietato su disposizione del ministro dell’istruzione. Si tratta - scrive la preside - di una norma di correttezza: perché l’uso del cellulare rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa sia per i compagni. Il divieto vale anche durante le pause e il pranzo in mensa. Se c’è bisogno di comunicare con la famiglia ci penserà la segreteria».

Ed ecco un richiamo alle sanzioni in base al regolamento scolastico: 1) gli studenti che utilizzano a scuola il cellulare o altri strumenti digitali saranno sanzionati con un richiamo verbale e un ammonizione sul registro di classe di cui sarà informata la famiglia; il cellulare sarà ritirato temporaneamente e consegnato alla dirigente scolastica che lo restituirà esclusivamente ai genitori; se un ragazzo comunque porta a scuola il cellulare deve tenerlo spento 2) non si possono diffondere immagini, video o foto sul web se non con il consenso delle persone riprese. La diffusione di filmati e foto che ledono la riservatezza o la dignità delle persone possono far incorrere i ragazzi in sanzioni disciplinari, pecuniarie o in veri e propri reati.













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