La Consulta «blinda» la Regione: ma con meno consiglieri
Consegnato il documento preliminare: la parola ai cittadini Dorigatti: «Risultato non scontato, c’è un accordo possibile»
TRENTO. Otto ambiti tematici condensati in 31 pagine: i fondamenti dell’autonomia speciale, Province e Regione, minoranze linguistiche, Comuni, competenze e rapporti con lo Stato e l’Unione europea, forma di governo, democrazia diretta, risorse finanziarie. La Consulta ha terminato la prima parte del proprio lavoro e ieri ha consegnato al presidente del consiglio Bruno Dorigatti e al vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi (il governatore Ugo Rossi è ancora ammalato) il documento preliminare per la riforma dello Statuto di autonomia.
La partecipazione. Si apre ora la seconda fase, quella della partecipazione, che durerà sei mesi e rappresenta il passaggio probabilmente più difficile (prima di affrontare il raccordo con la proposta che arriverà dalla Convenzione altoatesina): la sfida è portare il dibattito - finora confinato tra politici e accademici - nella società, tra i cittadini, le associazioni, i corpi intermedi. «Anche al referendum costituzionale il tema non era popolare ma la partecipazione è stata alta», azzarda ottimista il vicepresidente della Consulta Jens Woelk. Per la parte istituzionale, la Consulta ascolterà in audizione la giunta provinciale, i parlamentari, la Commissione dei 12, la Convenzione. Contemporaneamente partirà la parte più popolare in cui raccogliere valuazioni e proposte: incontri sul territorio, uno in ogni valle del Trentino, approfondimenti su temi specifici, laboratori dell’autonomia in forma di discussioni aperte, infine da marzo si potrà intervenire sul sito della Consulta (www.riformastatuto.tn.it) accedendo alla sezione «iopartecipo».
La proposta. «In questa fase non eravamo chiamati a formulare una proposta di riforma ma a fornire indirizzi», spiega il presidente Giandomenico Falcon, «se alla fine ci chiederanno una proposta di nuovo Statuto due mesi di tempo non basteranno». Di certo il documento consegnato ieri offre stimoli più che indicare soluzioni. Al capitolo «Province e Regioni» - dove più difficile sarà trovare un raccordo con Bolzano con la destra tedesca che chiede l’autodeterminazione - la Consulta suggerisce una Regione con «competenza su materie di carattere ordinamentale dove è preferibile una regolazione uniforme nelle due Province» e con un «ruolo di coordinamento» in materie che non vengono però elencate (si è parlato di mobilità, sanità, previdenza, energia), dove la gestione comune produrrebbe anche «economie di scala». Sul piano istituzionale, la novità è la proposta di ridurre i numeri del consiglio regionale, che oggi è composto dalla somma dei due consigli provinciali (70 membri), salvaguardando l’elezione diretta; la giunta potrebbe invece essere formata da assessori delle due Province. La proposta prevede di riconoscere nello Statuto anche i Comuni con un ruolo più politico nelle scelte strategiche di sviluppo.
Le reazioni. «Abbiamo fatto il primo passo», commenta Falcon, «e lo abbiamo fatto in un clima positivo, mettendo da parte le posizioni politiche di partenza». «È stato elaborato un accordo possibile», ha detto Dorigatti citando Magnago, «un risultato non scontato, si sono evitati gli eccessi, qui nessuno parla di autodeterminazione. Lungimirante essere andati avanti con i lavori anche dopo la vittoria del no al referendum. Con una proposta di riforma saremo più forti nei confronti di qualsiasi governo arrivi, decideremo a tempo debito se metterla sul tavolo o aspettare». Per Olivi «non ci sarà accordo di garanzia in grado di blindare l’autonomia, che per troppo tempo è stata confusa con un salvadanaio e invece è responsabilità di innovare e fare qualcosa più degli altri».