L’altolà di Dellai: «Roma non può fare quello che vuole»

Panico da tagli, ma il presidente chiede sangue freddo «Impugneremo tutto, la partita con lo Stato è un’altra»


di Robert Tosin


TRENTO. L’invito è quello di mantenere il sangue freddo e la barra saldamente orientata verso il centro della rotta. Ma il decreto sulla spending review ha creato un’ondata di panico difficile da controllare, visto che tocca anche settori molto delicati come quello della sanità o quello della giustizia. Il presidente Lorenzo Dellai è preoccupato, ma è certo che il Trentino abbia buone carte da giocare.

Presidente, è una stagione terribile che pare non abbia più fine.

L’Italia si è svegliata da un periodo segnato dall’illusionismo. E’ una stagione difficile per l’Italia, ma in generale per tutta l’Europa del Sud. Però niente isteria collettiva. La crisi non è la fine del mondo ma un momento di trasformazione. Ora più che mai è necessario tenere i nervi saldi.

Più facile a dirsi che a farsi. Anche l’ultimo decreto romano non salva il Trentino da tagli drastici in tutti i campi.

Ogni decreto ormai prevede disposizioni molto pesanti per noi. Attendiamo il testo definitivo e valuteremo le mosse come abbiamo sempre fatto.

Cosa dobbiamo aspettarci, allora? Cosa dobbiamo fare?

Smetterla di piagnucolare, per esempio. Visto che il vizio comune è quello di lamentarsi, direi che sarebbe il caso di evitare di aggiungerci al coro. Oltre tutto non fa proprio parte del nostro modo di essere. Quello che dobbiamo fare? Non perdere la bussola e continuare a seguire il nostro ragionamento.

Che si basa sul nostro Statuto.

Noi siamo disponibili a fare la nostra parte e quello che Roma ci chiede, ma solo nel rispetto del nostro Statuto che non abbiamo alcuna intenzione di svuotare.

Ma Roma insiste e non tiene proprio conto di quel testo. Come se ne esce?

L’unica strada praticabile è quella di un accordo globale che definisca gli obiettivi finanziari. Ma Roma si scordi la continua invadenza. Siamo pronti a farci carico di tutto e a rispondere positivamente alle richieste, purché siano eque e ragionevoli.

Ma anche in questo decreto ci vengono richieste che travalicano le competenze.

Possono scrivere quello che vogliono. Siamo pronti ad impugnare tutto quello che va contro lo Statuto. La Corte costituzionale si è già pronunciata parecchie volte.

Ma una risposta allo Stato è già stata data.

Certo, noi sappiamo come corrispondere alle esigenze dello Stato e lo abbiamo fatto con una proposta coraggiosa consegnata al governo nel febbraio scorso.

Fallita la stagione del federalismo, quale sarà la parola d’ordine del prossimo futuro?

Autonomia e autonomismo. Sul federalismo la Lega ha sbagliato perché lo ha legato all’idea di Padania e della secessione. Ma è indubbio che ogni territorio deve sapersi gestire. Come può Roma decidere tagli indifferenziati o stabilire se e cosa serve in una regione? In questo momento di crisi, invece, c’è stato un forte ritorno al centralismo e al “commissariamento”. Ci vuole la Repubblica delle Autonomie.

Non tutti ritengono che l’Accordo di Milano ci tuteli abbastanza.

Se non ci fosse oggi saremmo mille volte più deboli nel confronto con lo Stato.

Sì però intanto ci chiedono di nuovo soldi: chi dice 60 milioni in più, chi 100 fino ai 300 per l’anno prossimo.

Nessuno ha fatto queste cifre. Esiste solo un conto complessivo per le autonomie e per noi il primo anno il conto non dovrebbe arrivare ai 60 milioni. Ma Roma può dare tutti i numeri che vuole. La partita da giocare è un’altra.

Finalmente si è arrivati al taglio delle indennità dei politici trentini.

E’ giusto. Nel momento in cui tutti i fanno sacrifici, li devono fare anche i politici. Io voterò convintamente la legge regionale e avevo chiesto di arrivare prima a una decisione, senza polemiche nè discussioni.

Ma c’è anche il taglio dei Comuni e dei consigli. Non è a rischio la democrazia?

Ci sono due piani diversi della questione: da una parte ci sono gli strumenti che devono essere efficaci, efficienti, leggeri e quindi si deve trovare il modo per dare tutte queste risposte in un’ottica di risparmio ma anche di funzionalità. Dall’altra c’è però l’aspetto dell’identità, che nelle regioni alpine ha un significato diverso rispetto alle aree metropolitane. Il municipio, la parrocchia, la caserma dei pompieri, la posta, sono tutte realtà importanti che identificano una comunità, evitano la fuga dalle montagne e hanno un significato sociale importante. E’ un patrimonio di micro autonomia che dobbiamo difendere, anche perché è un’eredita che abbiamo ricevuto dai nostri nonni. E loro hanno costruito tutto questo quando la povertà mordeva davvero.

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