Infezione non vista, bimba menomata

Via crucis per una tredicenne alla quale i medici non avevano diagnosticato complicazioni di un’appendicite



TRENTO. Era una semplice appendicite e si è trasformata in un incubo per una bambina di 13 anni delle valli Giudicarie. Un incubo finito con una grave menomazione per la ragazzina che ha perso la tube e un’ovaia destra a causa dell’infezione che si era allargata. E pensare che tutto si sarebbe potuto risolvere con una diagnosi corretta e tempestiva da parte dei medici del Santa Chiara cui i genitori della ragazzina si erano rivolti fidandosi più dell’ospedale del capoluogo che di quello di Tione. Sulla vicenda indaga la Procura di Trento dopo un esposto presentato dai genitori.

L’incubo è iniziato il 21 ottobre dell’anno scorso, quando la ragazzina ha iniziato ad avvertire forti dolori alla pancia. Dopo un paio d’ore i genitori hanno accompagnato la bambina all’ospedale di Tione. Una volta giunta al pronto soccorso, però, ha iniziato a vomitare. Venne ricoverata. La sottoposero a un’ecografia solo nella tarda mattinata del giorno successivo. La povera ragazzina soffriva dolori tremendi. La mattina successiva, i medici di Tione decisero tentare un intervento ispettivo per individuare la causa di quei dolori lancinanti. La madre della bambina, però, si oppose. Pensava che a Trento sarebbero stati più preparati per affrontare una situazione del genere e chiese il trasferimento della figlia.

Così la bambina venne portata al Santa Chiara in ambulanza. I medici di Trento rassicurarono la madre e le dissero che si trattava sicuramente di appendicite e che era necessaria un’operazione. Diagnosi confermata dopo l’intervento. La bambina aveva una brutta appendicite acuta sfociata in una peritonite. Un caso complicato dal fatto che la bambina aveva molte anse intestinali. Dopo l’intervento, però, le cose sembrarono migliorare e la ragazzina venne dimessa. Dopo alcuni giorni, però, le salì la febbre. La bambina tornò al Santa Chiara dove trovarono una raccolta addominale con esiti da peritonite. I medici la sottopongono a una terapia antibiotica. La bambina viene dimessa una settimana dopo. Sembra vada tutto bene, ma il 26 novembre, oltre un mese dopo l’inizio di tutto, riprendono i dolori. Nuovo ricovero. I medici prospettano un nuovo intervento per eliminare la raccolta che si era riformata, ma poi cambiano idea. La mattina dopo la ragazzina viene dimessa senza neanche fissare una visita di controllo.

I genitori il 4 dicembre portano la bambina da una ginecologa privata che dispone un’ecografia. Ci sono ancora delle anse intestinali. Poi, il 14 gennaio, tornano i dolori. Il 17 diventano fortissimi. Nuovo ritorno al Santa Chiara. Nuova visita, l’ennesima, e poi ritorno a casa con le solite rassicurazioni. Ma le cose peggiorano. A questo punto, i genitori portano la bambina all’ospedale di Rovereto. I medici decidono di operare perché c’era una grossa massa parauterina. Era necessario asportarla. La bambina è terrorizzata. Nell’intervento non è stato possibile salvare l’ovaio e la tube di destra a accusa dell’infezione. Adesso i genitori si chiedono se si poteva fare qualcosa prima. Soprattutto dopo le visite del 17 gennaio a Trento, quando la bambina venne dimessa con rassicurazioni generiche e l’invito a riprendere la vita normale perché non c’era niente di strano. I genitori si chiedono anche cosa sarebbe accaduto se avessero lasciato la figlia a Tione e chiedono l’utilità di avere un grande ospedale di riferimento nel quale non sono riusciti a inquadrare la situazione.

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