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Inceneritore trentino sì o no: decisione rinviata di altri due mesi

Giovedì la giunta provinciale affronterà il nodo trattamento dei rifiuti, ma non basterà questo incontro per dare risposta alle due domande sul tappeto ormai da mesi: impianto sì o no? E dove?


Luca Marsilli


TRENTO. Giovedì la giunta provinciale affronterà il nodo trattamento dei rifiuti, ma non basterà questo incontro per dare risposta alle due domande sul tappeto ormai da mesi: inceneritore sì o no? E dove?

Fino a poche settimane fa si dava per certo che una sicurezza arrivata entro la fine dell’anno. «In verità - dice l’assessore Mario Tonina - giovedì la giunta valuterà il materiale ricevuto: abbiamo ormai l’intero dossier e quindi ogni elemento tecnico e scientifico. Ma credo di poter escludere che si possa già arrivare a una decisione definitiva: mi aspetto che se ne parli ancora abbastanza a lungo. E che la scelta maturi nel giro dei prossimi mesi: forse entro gennaio, più probabilmente a febbraio».

Dall’Università, il cui elaborato sulle diverse ipotesi di chiusura del ciclo dei rifiuti era il tassello mancante fino a poche settimane fa nel faldone della giunta, non sarebbero arrivate, stando a una prima valutazione dello stesso Tonina, indicazioni nuove o in grado di stravolgere il quadro. In altre parole, tecnici e esperti avrebbero confortato l’amministrazione Fugatti nella sua conclusione, già maturata da tempo, che un impianto di chiusura del ciclo dei rifiuti sia indispensabile per il Trentino. Si può discutere sulle dimensioni (una capacità di 60 mila tonnellate, più o meno, sembra il dimensionamento più probabile) e sulle caratteristiche: un termovalorizzatore (quello che prima dell’era degli eufemismi, si chiamava inceneritore) o un gassificatore. Cambia moltissimo soprattutto dal punto di vista dell’accettazione sociale. Perché il termovalorizzatore brucia rifiuti, così come sono o parzialmente pretrattati, sul posto. E quindi assieme al calore, produce ceneri e fumi contaminati, da purificare al camino con procedimenti complessi e costosi. Il gassificatore trasforma, ancora a forti temperature, i rifiuti in gas che possono essere avviati alla combustione in impianti anche molto lontani dal punto di lavorazione dei rifiuti. Gas che si possono addirittura vendere, come fossero materie prime. Il gassificatore produce comunque emissioni (fumi da depurare) e scorie, ma in misura minore e comunque non percepite con pari allarme da parte delle popolazioni.

C’è poi tutta la partita della localizzazione. Le aree potenzialmente deputate a ospitare l’impianto, sono solo tre: Ischia Podetti a Trento, il nuovo depuratore ai Murazzi e la Mira a Rovereto. A Rovereto ci sarebbe il vantaggio di una rete efficiente di telericaldamento che raggiunge gran parte della città: oggi è alimentata da una centrale termica a metano, ma potrebbe riciclare nel migliore dei modi il calore di un termovalorizzatore. A Trento crerare in tempo utile una rete simile, con l’impatto che avrebbe sulla città, è quasi impensabile. Ai Murazzi non c’è nemmeno una città e quindi il problema non si pone proprio. Per contro, a Rovereto l’amministrazione comunale e la popolazione hanno espresso con chiarezza la propria contrarietà. Mentre il sindaco di Trento, Ianeselli, è stato molto più possibilista: con adeguati ristori per la popolazione (utilità concrete: pagare il disturbo) si potrebbe fare.

 













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