In Trentino arriva il redditometro per i Comuni
Rivoluzione della Provincia: nuovi criteri per l'erogazione dei finanziamenti
TRENTO. Vivete in un Comune "povero", che non sa più se riuscirà a completare delle opere, che non è certo di poter costruire la scuola che vorrebbe? Oppure vivete in un Comune che si sente tranquillo, che di soldi ne ha, che vi abbellisce tutte le aiuole? Non è detto che continui così: perché per i contributi sugli investimenti la Provincia vuole cambiare sistema. Li darà in base al redditometro dei Comuni.
Il cambiamento è dettato da una serie di motivi: le risorse non sono moltiplicabili all'infinito per tutti i Comuni (la crisi economica chiede sacrifici e risparmi anche alla Provincia); è necessario - spiega l'assessore Mauro Gilmozzi - distribuire il denaro secondo un principio di equità.
Il principio, ovviamente, valeva anche prima, ma i tempi sono mutati e bisogna correggere il sistema (che si regge sulla legge 36 del 1993).
Per esempio: fino a qualche anno fa i Comuni che avevano un'Azienda municipale riuscivano a fare redditi importanti, mentre adesso ci guadagnano poco o nulla. C'erano anche Comuni che potevano contare su ricavi considerevoli dal legname, risorsa che ora dà minori soddisfazioni. E allora l'assessore provinciale agli enti locali Gilmozzi ha messo a punto un modello con criteri nuovi (una sorta di redditometro degli enti pubblici), dove verrà valutato il patrimonio immobiliare e, tra le altre novità, anche l'incidenza della popolazione anziana sul dato complessivo della popolazione.
Il redditometro comunale sarà possibile non appena la Provincia disporrà dell'analisi completa dello «stock di infrastrutture» (questa è la definizione burocratica) di cui dispone ciascun Comune. Un censimento di tutti gli edifici pubblici (compresi palestre, scuole, ambulatori) così come la rete stradale (che è demanio).
Ma l'analisi di Gilmozzi non si ferma qui. L'assessore proporrà (al Consiglio delle Autonomie che si riunisce domani) anche un prospetto della "serie storica" del patrimonio immobiliare; vuole cioè avere il resoconto completo dei beni realizzati o acquisiti da ogni Comune nel corso degli ultimi cinquant'anni. Insomma, un check-up di tutti i Comuni, dove saranno posti sulla bilancia e pesati (in un confronto fra Comuni, questo è inevitabile) i fabbisogni e le dotazioni di ciascuno.
Fra la Provincia e i Comuni era già stato sottoscritto il Protocollo d'intesa del 29 ottobre scorso che prevedeva lo studio di questi criteri. È chiaro che il passaggio non sarà semplicissimo, perché ci saranno Comuni che non trarranno grandi benefici da un portafoglio già consistente. E non piacerà soprattutto a chi non ama i "livellamenti" tra comuni. «Però - dice Mauro Gilmozzi - noi dobbiamo rivedere i meccanismi di distribuzione delle risorse a vent'anni di distanza da una legge ormai superata».
Meno comuni ricchi, ma anche meno comuni "poveri": questa la filosofia di fondo per quel che riguarda i fondi per gli investimenti (la parte sulla spesa corrente è garantita dalla Provincia). Ma Gilmozzi annuncerà di aver trovato anche il sistema per ripianare i problemi di cassa che avevano alcuni dei comuni sopra i 3000 abitanti condizionati dal "patto di stabilità". «Per superare le difficoltà derivate dai mutui useremo il Fondo per gli investimenti minori». Probabilmente non basterà, ma è già una boccata d'ossigeno.
E domani pomeriggio Gilmozzi sarà il protagonista degli Stati Generali delle Comunità di Valle. L'appuntamento, alle 14.30, non si svolgerà nella sede del Consorzio dei Comuni ma alle Gallerie di Piedicastello: hanno già dato l'adesione quasi 400 amministratori, al Consorzio non ci stavano neppure stipati.