«In queste condizioni il pericolo durerà anni»
Il servizio foreste mette in guardia imprese e privati: «Serve grande attenzione» Per l’inverno si preparano le ordinanze. Con la neve gli alberi resteranno a terra
TRENTO. Due anni di tempo per ripristinare i territori devastati dal maltempo. Questo il termine che si impone il Coordinamento provinciale per l’emergenza maltempo. Non si deve dimenticare che il pericolo, nell’operare nei boschi feriti, resta alto. Lo afferma il dirigente Servizio Foreste e fauna della Provincia, Maurizio Zanin. L’attività del taglio delle piante è sempre rischiosa, per questo serve una formazione specifica e certificata, per le imprese. Diverso è per i privati, per i quali la Provincia ha comunque predisposto un’attività di preparazione. Avviata quest’anno anche una campagna di sensibilizzazione. «Tagliare delle piante in condizioni normali è impegnativo e rischioso, lo è di più se queste sono spezzate o se si sono rovesciate al suolo. Tagliare in condizioni di schianto è pericoloso» spiega ancora il dirigente. «Le attività che verranno svolte nei prossimi anni saranno fatte quasi totalmente con processore, dunque mediante processo meccanico e non a mano». Taglieranno le macchine, non le persone.
Uno dei contenuti assegnati al Piano degli interventi è il calcolo del rischio che può verificarsi in un determinato luogo, come su versanti ripidi o dove sono presenti delle strutture, in presenze di caduta di neve. Fino ad una certa altezza di copertura del manto nevoso, mezzo metro, è utile ed importante non tagliare, non rimuovere le piante cadute dopo il maltempo. Questa una delle ordinanze che saranno contenute nel piano degli interventi che la Provincia sta redigendo e che sarà pronto a metà gennaio. Se nevica oltre un certo limite viene meno anche questo effetto di trattenuta, però.
Mauro Colaone, già dirigente provinciale del medesimo Servizio rimarca: «C’è un pericolo maggiore, rispetto a condizioni normali di taglio del legname. Le piante sono accavallate, tagliandone una l’altra si muove, perché le radici sono sollevate. Troncando alla base si muovono. È un lavoro che richiede molta attenzione, nonostante la presenza di macchinari. Si ha a che fare con dei pesi notevoli. Un tronco di quattro metri, con meno di 60 centimetri di diametro, pesa quasi una tonnellata». Muovendo questi tronchi, in terreni anche sconnessi, c’è sempre qualcosa che non si calcola, dei pericoli. «Il tronco si muove, gli alberi sono in tensione. Togli un peso superiore, questo si muove e provoca un colpo di frusta che è pericoloso. Il legno è elastico. Se si ha a che fare con delle funi, con teleferiche o con un trattore, per trascinare il legnamene, se una fune si spezza è micidiale. Se ti colpisce ti trancia. Per usanza i boscaioli vengono pagati al metro cubo e un cottimo e non aiuta fa perdere, alle volte, l’attenzione che ci vuole». Le imprese in Trentino però, prosegue l’ex dirigente, sono molto attente al tema della sicurezza. «Ma i corsi servono sempre. Il lavoro nero? Ritengo si possa dire, per la mia impressione, che dai noi il fenomeno sia meno presente che altrove. Altro costume, altra formazione. Le imprese di utilizzazione forestale sono fatte da giovani preparati ed attrezzati, ma il problema della sicurezza resta e resterà per anni. Serviranno tre anni per esboscare tutto il legname abbattuto dal vento. In inverno? Il legname accatastato per terra, per metri, può lavorare come un para valghe, fino ad un certo punto». (f.q.)