Il Pd e il nodo Pacher: otto giorni per convincerlo
In assemblea forte il fronte dei sostenitori: «Il partito dev’essere con lui» Ma Borgonovo Re non ci sta: «No ai salvatori». Nicoletti difende le primarie
TRENTO. Il paradosso in cui si dibatte il Pd trentino si chiama Alberto Pacher. L’attuale presidente della Provincia andrebbe bene agli alleati, Upt e Patt, che sarebbero pronti a convergere su di lui perché lo ritengono un nome di sintesi per il governo dei prossimi 5 anni. Il problema è che Pacher non ha il sostegno di tutto il suo partito, dove ci sono già due candidati in campo per le elezioni di ottobre, il capogruppo Luca Zeni e l’ex difensore civico Donata Borgonovo Re. E una parte consistente ritiene che la strada migliore per scegliere il candidato presidente siano le primarie, come prevede lo statuto del Pd.
Così ieri pomeriggio l’assemblea provinciale, riunita per 4 ore e mezzo nella sala di via Verruca a Piedicastello, è ruotata tutta attorno al «dilemma» Pacher. Chiedergli di tornare sui suoi passi e ricandidarsi a ottobre alla guida della coalizione? Da mesi il presidente reggente ripete che non cambierà idea, che le ragioni che lo hanno portato a lasciare non sono venute meno, che il Pd non ha risolto i nodi politici da lui posti e si limita a parlare di primarie. Certo è che il suo «no, non torno indietro» non è parso così definitivo, tanto che in molti nel partito sono convinti che i margini per un ripensamento ci siano ancora.
Il fronte pro-Pacher è uscito con forza allo scoperto ieri in assemblea. A dargli voce per primo l’ex sindaco di Lavarone Aldo Marzari: «Le candidature in campo sono rispettabili e interessanti ma rischiano di essere divisive. Invece il candidato unitario ce l’abbiamo, dobbiamo andare da lui e dirgli “Caro Pacher, devi rivedere le tue posizioni perché il partito è con te a larghissima maggioranza”». «Qualcuno potrà non essere d’accordo - ha aggiunto - ma questo è fisiologico». Donata Borgonovo Re, seduta a metà sala, freme e si passa le mani nei capelli. Ma il presidente e del consiglio provinciale Bruno Dorigatti insiste: «Non possiamo governare da soli, abbiamo necessità di un gruppo dirigente solido e solidale. Pacher ci dice che per lui il problema è politico e allora noi dobbiamo scioglierlo, è una soluzione che rafforza la coalizione». E sulle primarie ricorda: «Alle ultime ha vinto Bersani e rischiava di andare al governo Renzi. In Friuli e Lazio Serracchiani e Zingaretti non hanno fatto le primarie eppure hanno vinto. Possiamo vincere anche noi».
Sulla stessa linea l’assessore comunale di Trento Italo Gilmozzi: «Spetta a noi decidere. Pacher non è andato via perché ha mal di pancia ma per motivi politici. Gli alleati sono pronti a sostenerlo, ma nel Pd c’è chi legittimamente non è d’accordo. L’unica è contarsi e votare». Interviene il segretario cittadino di Rovereto Fabiano Lorandi: «Il Pd deve chiedergli di ripensarci». Il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, grande sponsor di Pacher, ieri non ne ha citato il nome: «Il nodo è il giudizio che il Pd dà di questi 15 anni di governo della Provincia, per me è stato un buon governo», ha detto rivolgendosi ai sostenitori della discontinuità (Zeni, ieri assente nonostante fosse tra chi aveva sollecitato la convocazione dell’assemblea, e Borgonovo Re). E ancora: «Non confondiamo i valori di un partito con gli strumenti che questo partito si dà (leggi primarie, ndr)».
Donata Borgonovo Re prende la parola per ultima e parla senza peli sulla lingua: difende le primarie, «le prevede il nostro Statuto», e va all’attacco: «Ci sono più candidature, la mia di certo. Certe richieste suonano più come debolezza che forza, questa storia di Pacher salvatore mi dà fastidio. Anch’io ho la tessera del Pd». Poi aggiunge: «La coalizione non è un mito a prescindere, voglio capire quali saranno per il nostro partito i punti non negoziabili del programma».
A darle man forte scende in campo il segretario Michele Nicoletti: «Il modello di partito che abbiamo fondato nel 2007 prevede che certe decisioni cruciali siano affidate agli elettori e non agli organi interni. è un partito aperto, dove le cariche sono contendibili, che ha scelto la democrazia competitiva anche se rischiosa. Le primarie sono uno strumento per tenere dentro sensibilità che altrimenti andranno altrove». Più o meno quello che aveva detto poco prima il consigliere provinciale Mattia Civico: «Il nostro sforzo di questi anni è stato di rafforzare la coalizione, ma dobbiamo porci il problema di allargare il consenso e non possiamo farlo dimostrandoci sordi alle richieste di partecipazione e alle sensibilità che sono parte di questo partito». Per le primarie anche Gennaro Romano, Cristina Bertotti, Monica Ioris.
Che succederà ora? «Ci siamo dati una settimana per verificare se esiste la possibilità di un’intesa unitaria da proporre all’assemblea del 6 maggio, derogando dalle primarie», è spiegato il presidente Roberto Pinter presentando la proposta condivisa ieri mattina dal coordinamento. «Se l’intesa non sarà raggiunta, c’è la disponibilità a fare primarie di coalizione entro metà giugno. Con un solo candidato per ciascun partito». Il momento della verità - Pacher o primarie - è rinviato di una settimana.
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