I ristoratori: dalle sagre concorrenza sleale

Il presidente Moresco, dopo l’intossicazione alla Ganzega di Mori, rilancia anche l’allarme sicurezza alimentare: «Norme sanitarie non sempre rispettate»


di Giancarlo Rudari


ROVERETO. Per carità, il volontariato che si impegna per organizzare feste e sagre paesane è apprezzabile e non si discute. Ma per favore, «non improvvisatevi ristoratori senza averne né i requisiti né le capacità. Perché questa è concorrenza sleale». E come se non bastasse, visto il recente episodio di salmonella con l’intossicazione di 120 persone che hanno partecipato alla cena a base di bue alla Ganzega di Mori, «non sempre ci si attiene alle norme igieniche che riguardano la preparazione e la somministrazione di cibi e bevande». Prende spunto da questo episodio Danilo Moresco, presidente dell’Associazione ristoratori del Trentino per lanciare (ancora una volta) un appello «per una maggiore equità e maggiore attenzione agli eventi come sagre e feste paesane a differenza di esercizi pubblici come ristoranti, alberghi e bar per i quali i controlli sono molto rigorosi».

«La nostra Associazione - dichiara Moresco - da anni si batte a difesa dei ristoranti trentini affinché non siano vittime di concorrenza sleale da parte di chi si improvvisa ristoratore senza averne né i requisiti né le capacità. Nel caso delle feste paesane, le sagre e le fiere, che riteniamo comunque un valore turistico, occorre che in presenza di preparazione e somministrazione di alimenti vi sia l’attenta e scrupolosa osservanza di tutti gli obblighi ai quali sono tenuti gli esercizi pubblici. Ciò garantisce, in primo luogo, la sicurezza dei clienti/visitatori circa la salubrità dei pasti consumati e, inoltre, tutela il regime di libera concorrenza assicurando regole uguali per tutti coloro che esercitano l’attività di ristorazione».

Insomma, per i pasti al di fuori dei circuiti regolamentati da norme rigorose, «la salute dei cittadini è a rischio: professionalità, conoscenza e competenza sono requisiti che devono essere richiesti anche in situazioni dove l’organizzazione è affidata al lavoro volontario. Altrimenti assistiamo a casi incresciosi come quello verificatosi durante una sagra paesana in una località della Vallagarina oppure, a fine agosto, dopo una festa nella Piana Rotaliana. Massimo rispetto a chi impiega il proprio tempo libero a favore della propria comunità ma ciò non deve avvenire né a discapito della salute e della qualità del prodotto né a danno di imprese e lavoratori del settore della ristorazione, già provati in questa fase da un pesante calo dei consumi delle famiglie. Non ci si può, ripeto, improvvisare ristoratori» sostiene Moresco.

Che ricorda come «in molti casi feste e sagre paesane, dietro qualche scusa di rievocazioni o presunte tradizioni, sono diventate un vero e proprio business, ulteriormente avvantaggiato da una tassazione assolutamente più favorevole rispetto a quella che grava sulle imprese».

Moresco commenta anche la richiesta di verificare la responsabilità dell’accaduto: «In un’impresa della ristorazione - spiega - in caso di anomalie o problemi, è facilmente individuabile la causa... In questo caso, invece, fin da subito è stato chiaro che non vi era la possibilità di individuare con certezza le responsabilità dell’accaduto, facendo emergere l’effettiva disorganizzazione – ed i conseguenti possibili rischi – di questo tipo di eventi. Non è possibile - conclude Moresco - che vi sia questa sperequazione tra chi (i ristoratori) viene già minuziosamente e scrupolosamente controllato e chi (per feste e sagre) può permettersi di non rispettare neanche le più elementari norme igieniche».

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