Europee, è arrivato l’uragano Renzi
Matteo conquista anche elettori del Patt e dell’Upt. Ma Dorfmann torna a Bruxelles
Chiamatelo Alcide Renzi o Matteo Degasperi. Per ritrovare un risultato del genere, bisogna infatti tornare agli anni Cinquanta. Troppo diverse, l’Italia degli anni di Degasperi e quella di oggi. Troppo diversi, l’austero Degasperi e l’esuberante Renzi. Ma Alcide e Matteo - seppur a distanza di sessant’anni - hanno saputo trasmettere al Paese un’idea di futuro simile: fatta di stabilità, di cambiamento, di speranza e di un’Italia da ricostruire sulle macerie, possibilmente in fretta. Il presidente del consiglio di oggi conosce molto bene la storia del presidente degli anni della rinascita. E l’ha imitato anche in un’altra cosa a dir poco fondamentale: la doppia poltrona. Governare contemporaneamente il Paese e il partito di maggioranza fu infatti una garanzia per Degasperi (disarcionato poi dalla Dc, a dimostrazione che i nemici interni sono più pericolosi di quelli esterni). Ed è stata una garanzia - per restare ai governi più longevi - anche per Bettino Craxi e per Silvio Berlusconi.
Il risultato del Pd - in Italia, ma anche in Trentino, dove il partito ha cercato più volte di farsi del male da solo - è davvero storico. Ma va letto con le lenti giuste: non è il successo di un partito, ma quello di un uomo che ha saputo trasformarsi in partito e trasformare il partito; non è il successo della sinistra, ma quello di un moderato che sa spiazzare la sinistra non meno della destra anche affrontando temi scomodi, parlando direttamente - con pochi concetti, ripetuti con grande chiarezza - agli elettori.
Anche se non era un referendum o un derby, dal voto, per dirla proprio con un presidente del consiglio che ora può improvvisamente contare su una legittimazione popolare di proporzioni incredibili, esce un’Italia più forte delle sue paure. Un’Italia che potrà contare di più in Europa.
Il vento populista. L’Europa ha tremato. Solo in Italia e in Germania i governi in carica non sono stati sommersi dai fischi (ovvero da voti “di protesta”). Altrove, l’onda del populismo - che è troppo facile considerare sempre e solo un voto di pancia - ha spazzato e spiazzato. In Italia Grillo non è invece riuscito a sfondare. Ma non è stato “asfaltato”, come qualcuno continua a voler far credere. Le ha prese duramente (da un Pd che ha doppiato i pentastellati), ma le ha anche date: il 20 per cento raccolto nel Paese e gli importanti consensi raccolti anche da queste parti dicono che l’unica vera opposizione, piaccia o no, ha la faccia di Grillo.
Nel derby fra rabbia e speranza (altra frase del premier), la speranza ha stravinto. Ma guai a sottovalutare la rabbia: che è nel voto a Grillo, in parte anche nel successo antieuropeista della Lega e in dosi massicce in un astensionismo che comunque deve far preoccupare. Aggiungo una cosa impopolare: se non ci fosse stato Grillo, forse non ci sarebbe stato nemmeno Renzi. La risposta razionale alla protesta irrazionale, in assenza dell’ex comico, sarebbe stata profondamente diversa. Nei tempi, nei toni, nei volti.
Fra i populisti travolti dal loro stesso populismo c’è anche Pius Leitner, Freiheitlichen che anche gi elettori della Lega ricordano evidentemente per i “regalini erotici” più che per le idee. Sonora davvero, la sua bocciatura.
Cercasi centrodestra. Mettendo insieme i cocci, si scopre che un centrodestra c’è ancora. Ma, si sa, una volta che si sono sbriciolati, i cocci non si mettono più insieme. In Italia, ma anche in Trentino, dove un’area che ci ha messo anni a costruire un’unità capace di portare sotto lo stesso tetto una buona dose di consensi, è ora un condominio fatto di inutili miniappartamenti abitati solo dall’astio e dal rancore. E se anche l’amministratore del condominio non fosse ad “agibilità limitata”, cambierebbe poco. Berlusconi, anche da condannato, è stato infatti presente come non mai, in questa campagna elettorale. E la casa s’era sfasciata ben prima che lui finisse ai servizi sociali.
L’araba fenice Svp. Riesce sempre a risorgere dalle proprie ceneri, la Svp. Comunque si voglia leggere il dato, il partito di raccolta è ancora forte. La barca di Dorfmann torna a Bruxelles in virtù di vele nuove, che hanno coperto molti buchi con i volti di Kompatscher, di Achammer e di un partito che conserva metodi antichi, ma che ha una capacità di rinnovamento che ha permesso di prevenire (e dunque evitare) il terremoto che avrebbe reso molto più complicato non solo il cammino dell’eurodeputato confermato, ma anche quello della giunta provinciale e dello stesso partito che detiene la maggioranza delle azioni del governo. Herbert Dorfmann, però, dovrà meritarsi i suoi 94 mila voti. Dovrà in sostanza ricordarsi d’essere l’unico rappresentante della nostra regione nel nuovo europarlamento e dovrà tenere a mente che il Trentino, il Bellunese (e l’Euregio) non sono zone dove si fa campagna elettorale ogni 5 anni, ma territori che all’Europa chiedono risposte concrete quanto l’Alto Adige.
Oktavia e i Verdi che furono. Se i verdi non si fossero divisi e se avessero deciso di restare compatti, in un’alleanza moderna con Tsipras, il Trentino Alto Adige avrebbe ancora un seggio di peso in un’Europa che ha bisogno tanto di una sinistra moderna quanto di un ambientalismo maturo. Invece Oktavia Brugger, a dispetto di un risultato personale di tutto rispetto e di una storia personale capace di parlare a più elettori, resta a casa. Boato e gli “altri” verdi dovranno fare un bell’esame di coscienza. Meglio fare come Tafazzi o cercare di ricostruire il vascello piccolo ma invincibile che in anni non poi così lontani portò Langer, Messner e poi Kusstascher all’Europarlamento?
Sempre più Sciolta civica. A Chi l’ha visto potrebbero dedicare una puntata a Monti. In pochi mesi è passato da salvatore a scomparso. Portandosi dietro chi aveva creduto in lui anche in questa terra. Il fatto che Dellai e altri abbiano lasciato la comitiva prima che la medesima evaporasse cambia poco. Migliaia di consensi sono svaniti. O, più semplicemente, sono tornati a casa: nel Pd (come ha confessato persino il senatore trentino Fravezzi) o in quella parte del centrodestra “deberlusconizzato” che ha comunque staccato qualche biglietto per l’Europa. A una tale catastrofe non si può certo rispondere fondando altri partiti o partitini. Il centro l’ha già saldamente occupato Renzi e il sistema tripolare italiano prevede un centrosinistra, un centrodestra e, semmai, un Grillo. Fine.
Rossi e la sua coalizione. Il voto era europeo. Inutile, dunque, leggerci una bocciatura o una promozione di Rossi e della sua giunta. Una cosa, però, si può dire. Gli elettori di centrosinistra sono rimasti fedeli alla maggioranza che governa la Provincia, ma si sono abbondantemente spostati su Renzi (i mal di pancia del Pd locale, però, restano). Una legge dei vasi comunicanti applicata alla politica. I voti del Patt e dell’Upt sono stati comunque (quasi) determinanti per far tornare Dorfmann a Bruxelles e per dare un po’ di respiro all’Euregio. Vedremo se arriverà anche la sostanza.