Due arresti per la morte del dentista Francesco Bava
La polizia di Odessa conferma la pista dell’avvelenamento, la magistratura ucraina dispone l’autopsia sulla salma
ROVERETO. La polizia di Odessa ha confermato ai funzionari dell’ambasciata italiana a Kiev l’arresto di due donne di 20 e 34 anni in relazione alla morte del dottor Francesco Bava, il dentista di origine calabrese, ma da molti anni residente a Rovereto, che la mattina del 30 giugno è stato trovato senza vita nella sua stanza d’albergo.
Ora la magistratura ucraina, che ha richiesto l’autopsia sulla salma del medico sessantacinquenne, attende i referti per poter stabilre con esattezza la causa della morte. Il sospetto è che le due donne, che avrebbero conosciuto Bava sulla spiaggia di Arcadia, a Odessa il 29 giugno e lo avrebbero seguito nella sua stanza d’albergo per un drink, possano aver narcotizzato il dentista per poterlo derubare indisturbate.
Le due donne sono state già arrestate e, secondo le indiscrezioni di un sito web ucraino, sarebbero state trovare in possesso di effetti personali appartenenti al dottor Bava. I risultati degli esami medico-legali saranno decisivi per quanto riguarda le indagini: va infatti stabilito se Bava abbia avuto un malore improvviso, per patologie proprie, o se il malessere che lo ha portato alla morte sia stato indotto da un eccesso nel dosaggio del farmaco (secondo le ipotesi si tratterebbe di clonidina, un medicinale per curare l’ipertensione che induce sonnolenza) che potrebbe essere stato versato di nascosto nel bicchiere.
«Stiamo attendendo i referto medico-legali - spiegano all’ambasciata italiana a Kiev , in effetti il fermo di due donne ci è stato confermato dalla polizia di Odessa, con la quale siamo in costante contatto. Com’è ovvio, non possiamo interferire con le indagini. Ci limitiamo a seguire la vicenda chiedendo di essere informati sugli sviluppi con tempestività». Il consolato italiano invece ha già preso contatto con la famiglia del dottor Bava per facilitare le procedure per il rientro della salma.
«Siamo in contatto con i famigliari - spiegano all’ambasciata - e attraverso il consolato li seguiamo nelle complesse pratiche per il rientro in Italia della salma. Per la famiglia c’è il problema della distanza, di una lingua straniera poco diffusa, e anche delle procedure giudiziarie di un paese straniero, che per questo insieme di fattori possono risultare di difficile comprensione. Per questo motivo c’è il consolato, che segue tutto l’iter».
Ma prima di firmare il nulla osta, la magistratura ucraina vuole essere sicura di aver effettuato tutte le verifiche necessarie, a partire dall’autopsia: se le analisi rintracceranno nel sangue di Bava sostanze sospette, la tesi dell’avvelenamento prenderebbe subito corpo.