Diossina nelle anguille, divieto verso la proroga
Anche gli ultimi controlli nel Garda hanno confermato la contaminazione Prelevati novanta esemplari per le analisi: la metà ha valori fuori norma
ALTO GARDA. Si prospetta un’ulteriore ampia proroga (rispetto a quello fino al 22 giugno attualmente in vigore) del divieto di consumo, pesca e commercio delle anguille del lago di Garda, contaminate da diossine e policlorobifenili: dopo la relazione redatta per il Ministero della Salute dall’Istituto zooprofilattico di Teramo, le anguille potrebbero restare off-limits almeno per i prossimi cinque anni.
Sono stati prelevati e analizzati all’imbocco del Mincio (unico emissario del Garda) nel comune di Peschiera 90 “campioni” (ossia esemplari sacrificati per la causa, fuori di tecnicismo) di anguille adulte, nella fase finale del loro sviluppo, suddivise in tre categorie: 32 tra 54 e 65 centimetri di lunghezza, 34 tra 67 e 80 e 24 tra 81 e 100. Sono state esaminate le eventuali sostanze nocive: ben 18 hanno mostrato valori superiori ai massimi stabiliti per Pcdd/F e Dl-Pcb.
Altri tre campioni sono risultati non conformi anche per Ndl-Pcb. Altri 24 campioni hanno presentato valori di Pcdd/F + Dl-Pcb superiori al livello massimo, ma conformi tenendo conto dell’incertezza di misura. Solo 48 sono risultati con valori misurati di Pcdd/F + Dl-Pcb inferiori al massimo. Circa metà delle anguille, dunque, era contaminata in modo importante. Lo studio ha anche smentito la possibilità di autorizzare il consumo delle anguille in base a dimensioni e peso, come richiesto dai pescatori: basterebbero meno di cento grammi di anguilla contaminata per oltrepassare la soglia di inquinanti tollerabile dall’uomo in un mese.
Da dove si deduce che il divieto permarrà ancora per diverso tempo? Dal fatto che «in considerazione dei lunghi tempi di persistenza delle sostanze tossiche nelle anguille e dei lunghi tempi di permanenza nelle acque del Garda prima di migrare per riprodursi, il campionamento potrà essere ripetuto non prima di almeno cinque anni» dal monitoraggio considerato (svoltosi con 30 campioni al mese tra dicembre 2015 e febbraio 2016), ossia non prima del 2021: fino ad allora la messa al bando sembra destinata a rimanere.
E per quel che riguarda specificamente il Trentino? «Per quanto riguarda le concentrazioni di Pcb (sia dei Pcb totali che dei Pcb diossinasimili), l’Appa – spiega l’assessore Mauro Gilmozzi in risposta a un’interrogazione – ha effettuato il 19 ottobre un campionamento dei sedimenti lacustri su quattro punti lungo la sponda trentina; a tal fine, sono stati ripresi anche i siti monitorati nel 2011 in modo da confrontare i risultati attuali con quelli relativi agli anni passati». I campioni prelevati in zona Sperone, alla Baia Azzurra e all’ex Colonia Pavese erano risultati entro i limiti fissati per siti a uso verde pubblico, privato e residenziale (non esiste uno standard di qualità ambientale per corpi idrici lacustri), ma gli unici dati specifici sui pesci – poco interessati ai confini regionali – sono quelli analizzati dall’Izp di Teramo. (m.cass.)