Devastati dai cinghiali i pascoli di Lodrone
Prati in quota completamente arati, ci vorranno anni perché tornino produttivi. Il comandante dei forestali: «La specie è fuori controllo, impossibile gestirla»
LODRONE. A giudicare dalla devastazione lasciata tutt'attorno a malga Tonolo, sopra Lodrone, quest'anno pare proprio che il periodo delle festività se lo siano ampiamente goduto anche i cinghiali che si aggirano per i boschi di questa estrema propaggine del Trentino, danneggiando i prati che in questa zona servono a produrre latte e formaggio pregiati.
Il numero di animali in circolazione nelle montagne del Chiese non è al momento facile da determinare: «Di solito - spiega il comandante della stazione forestale di Condino, Tiziano Salvaterra - facciamo il primo censimento a inizio anno non appena si verificano le prime nevicate che ci permettono di verificare il numero di questi ungulati dalle orme. Purtroppo non avendo ancora nevicato, non siamo in grado di fornire una stima attendibile sul numero dei capi».
Salvaterra spiega come quello di Tonolo non sia affatto un episodio isolato: «I branchi di cinghiali stanno imperversando in tutto il Chiese, non solo a Tonolo. Ad esempio abbiamo segnalazioni di escavazioni sopra Darzo in località Vigne, ma anche a malga Table, a Romanterra e sul versante montano verso Ledro. È vero che l'assenza di neve li avvantaggia ma resisterebbero benissimo anche se nevicasse. Va ricordato che il cinghiale è una specie alloctona che si suppone sia stata introdotta dalle nostre parti in tempi recenti da parte di alcuni cacciatori poco scrupolosi incuranti dei danni che questo animale può apportare ad un ambiente non preparato ad ospitarlo. Quando si parla di agricoltura montana, presidio del territorio e ed economia alpestre bisogna tener presente come il cinghiale le danneggi, i danni che causa infatti tendono a durare a lungo perché il cotico erboso divelto ci mette anni prima di ricostituirsi».
Su come affrontare il problema Salvaterra ha idee precise: «La verità è che non si deve cercare di gestire i branchi di cinghiali ma piuttosto puntare alla loro totale eradicazione. In tal senso come corpo forestale saremmo in grado di intervenire efficacemente aumentando di molto gli abbattimenti ma purtroppo siamo stati esclusi da queste incombenze, che sono state demandate alle sole associazioni cacciatori. Se prendiamo ad esempio il Comune di Storo, so che quest'anno si sono abbattuti parecchi cinghiali ma evidentemente ciò non è stato sufficiente. Del resto basterebbero 3 femmine gravide rilasciate sul territorio per ripopolare i branchi in breve tempo».