Crescita al palo: imprese sotto accusa
Il rapporto Irvapp: troppo piccole, con bassa innovazione tecnologica e poca capacità di competere sui mercati globali
TRENTO. Una caduta del Pil pro capite del 10,5% dal 2007 al 2013, imprese piccole con una ridotta capacità di crescita, una produzione tradizionale con bassa innovazione tecnologica, soprattutto nel settore dei servizi, scarsa internazionalizzazione, bassa capitalizzazione patrimoniale. E imprenditori in là con gli anni, non particolarmente istruiti e dunque meno pronti a sfruttare le opportunità generate dagli interventi infrastrutturali della Pubblica amministrazione.
Se il Trentino ha retto alla crisi meglio del resto d’Italia, e ha tenuto a livello occupazionale, lo deve alla minore competizione interna e a un forte intervento pubblico. Ma oggi «abbiamo un problema di crescita che è soprattutto un problema di imprese», è l’analisi fatta dal vicepresidente della Provincia e assessore al lavoro Alessandro Olivi, discutendo venerdì sera di Jobs Act con Filippo Taddei, uno dei padri della riforma del lavoro del governo Renzi. «Serve un patto con le imprese perché migliorino le loro performance - ha ammonito Olivi - se non miglioriamo su questo versante il prezzo rischiamo di pagarlo tra qualche tempo». Una conferma del problema arriva dal rapporto 2014 Fbk-Irvapp sulla situazione economica e sociale del Trentino.
Il declino del Pil. Il Pil nel 2007 superava i 15 miliardi di euro, nel 2013 è sceso a poco più di 14 miliardi, con un calo del 6,4%. Nel 2013 l'indice trentino è a 93,6, quello del Nord Est a 91,9 e quello dell'Italia a 91,5. E ancora più vistosamente cala il Pil pro capite (-10,5% in 7 anni), una contrazione - spiegano gli esperti - dovuta solo in parte agli effetti della crisi: qui a pesare sono da un lato il trend demografico, che vede in crescita gli over 65 e la fascia fra i 15 e i 24 anni, ovvero le fasce della popolazione meno produttive, dall'altra la bassa produttività e una bassa capacità di innovazione delle imprese.
La debolezza delle microimprese. Le aziende alle cui dipendenze lavorano meno di 10 persone rappresentano oltre i quattro quinti (80,8%) delle aziende presenti sul territorio provinciale. E se lo studio riconosce che le microimprese «riescono ad adattarsi meglio delle grandi alle variazioni di breve periodo», dall’altra - evidenzia - «riducono il grado di innovazione, le capacità competitive a livello internazionale e le opportunità di far fronte a crisi di lunga durata».
Bassa produttività. L’incapacità del sistema economico locale di spostare risorse verso settori e imprese più produttivi è particolarmente evidente nel settore dei servizi di mercato: il Trentino evidenza una bassa presenza nei servizi avanzati ad alto valore aggiunto o con forti competenze tecnologiche e di innovazione, un dato questo quasi inevitabile in un’area senza concentrazioni metropolitane. Ma il dato più preoccupante, evidenzia il rapporto Irvapp, è che «nella crisi sopravvivono meglio le imprese meno produttive», segno di un «mercato locale assai poco selettivo, quando addirittura non mette in atto meccanismi di protezione nei confronti delle imprese meno competitive». E il sistema sconta anche una minore capacità di fare rete: se nel Nordest il 63,6% delle aziende è coinvolto in una qualche forma di relazione con altre aziende (rapporti di commessa o subfornitura, accordi formali o informali), in Trentino la percentuale scende al 59,7%.
Capitale umano. L’innovazione - sottolineano i ricercatori - richiede la disponibilità di risorse umane fortemente qualificate. E qui si inserisce un altro tasto dolente dell’economia trentina: le caratteristiche della classe imprenditoriale. Uomo, di età avanzata, con un titolo di studio basso, residente in un piccolo Comune e, in un caso su due, tale per tradizione familiare: questo l’identikit tracciato nel rapporto, che pone un problema di mobilità sociale: i figli degli imprenditori godono di molte maggiori opportunità di trovarsi a capo di un’impresa di quante ne abbiano i discendenti da altre classi sociali.
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