«Con Monti cambierà la politica»

Il senatore Molinari preoccupato: i partiti non hanno capito la rivoluzione


Robert Tosin


TRENTO. Il bipolarismo all'italiana, scambiato per bipartitismo e diventato poi una giostra personalistica, ha mostrato i suoi limiti. A livello nazionale è naufragato, in Trentino tiene in piedi tanti di quei distinguo da essere del tutto annacquato in un confronto che non tiene conto del centro destra e si concentra su un Upt che ammicca al Patt (ricambiato) e che tiene a distanza il Pd. Se a livello nazionale oggi un cosiddetto terzo polo può ringalluzzirsi sull'onda di diversi segnali (il governo tecnico di Monti molto cattocentirsta, il bigliettino di Enrico Letta che "si offre" al presidente del consiglio forse anche al di là e al di fuori del Pd, la recente adunata del "partito cattolico" a Todi), in Trentino la porta ad una terza via non è mai stata chiusa.

I maliziosi sostengono che sia una sorta di pass per Roma che Dellai si è voluto costruire (e che vista la situazione appare ben costruito), i più moderati invece lo vedono come una reale impossibilità di procedere a un definitivo matrimonio «senza se e senza ma» tra Upt e Pd. Che questi però siano schemi vecchi della politica lo dicono in molti, assieme all'auspicio di un superamento della situazione agevolato dall'"anno sabbatico" imposto dal governo Monti.

«Raccolgo l'allarme lanciato da Dellai stesso - commenta il senatore dell'Api, Claudio Molinari - che però nessuno ha pesato in tutta la sua gravità. C'è il rischio, nel nostro Trentino, di lasciare solo il presidente perchè abbiamo una classe dirigente, non solo politica, che non ha capito per niente la gravità del momento. I partiti per primi sono convinti di vivere sotto una campana di vetro, ma il Trentino non è intangibile. Serve un ragionamento diverso che vada oltre le prossime elezioni, in un discorso coalizionale al di fuori delle immediate scadenze elettorali.

Proprio non ho capito i brindisi del Pd alla caduta di Berlusconi, non deve essere quello l'obiettivo di un partito ed è necessario un profondo processo di scomposizione e ricomposizione. Ma non succede perchè l'obiettivo dei vertici dei partiti è tenere tutto quanto così com'è perchè al prossimo giro di governo toccherà a loro. Quale momento migliore per cambiare la legge elettorale, senza le pressioni del governo? Ho paura che anche in Trentino si sia diffuso lo stesso virus. Qui non ci si chiede come possono lavorare i partiti, ma chi andrà a fare il parlamentare piuttosto che il presidente, e a scapito di chi e con quanti voti. Ancora non si è capito che la situazione è cambiata: sono cambiate le ampiezze del campo da gioco, ma stanno cambiando anche le regole. Se non lo capiamo restiamo tagliati fuori. Il bipolarismo? Non è detto che sia solo tra Pd e Pdl. Nel concetto dell'alternanza i poli possono essere anche altri e diversi che si confrontano con modalità nuove di aggregazione».

Che il Trentino possa scoprire una via presidenziale dedicata al di fuori dell'attuale situazione politica è escluso dal sindaco di Trento, Alessandro Andreatta. «Il bipolarismo italiano è quanto meno anomalo, diciamo "imperfetto". E' stato personalizzato su Berlusconi: i pro sono di centro destra, i contro di centro sinistra. Il bipolarismo ha bisogno di leader forti e ho grossi dubbi che oggi ci siano. Da una parte c'è Alfano che può godere di stima, ma forse non è abbastanza leader. Dall'altra ci sono diversi nomi, ma nessuno emerge chiaramente sugli altri.

E il Terzo polo ha futuro? Mi pare che anche lì non vi sia una forte coesione: Fini e Rutelli hanno storie precise alle loro spalle. Che in Trentino l'Upt possa prendere forza da un Terzo polo nazionale lo escluderei, così come l'idea di un partito cattolico è fuori dal tempo. L'Upt trentino senza il Pd non va da nessuna parte, quindi non credo proprio che ci sia un progetto terzopolista dell'Upt. Non avrebbe senso nell'ottica di una coalizione dove i due partiti possono continuare a collaborare».













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