Chiesa per il voto, Governo «astenuto»

Don Pizzolli (Pastorale sociale e ambiente): «Passare presto alle energie rinnovabili». Il senatore Tonini: «Serve tempo»


di Matteo Ciangherotti


TRENTO. “Andate a votare e difendete l'ambiente”. “Astenetevi, il referendum sulle trivelle è inutile”. Due proclami, più che indicazioni di voto, che provengono da due poli distinti della società. La prima voce, quella pro partecipazione, giunge dalla Diocesi di Trento che come molte altre Diocesi italiane, sulla stessa linea della Curia romana, ha accolto con favore il quesito referendario che domenica sarà presentato agli italiani. Stop alle concessioni “ad libitum” sulle trivellazioni (quelle già in essere, di nuove la legge non ne prevede) di gas e petrolio per i giacimenti entro le 12 miglia dalle coste.

Sì? No? Mi astengo. Chi resterà alla larga dalle urne è la maggioranza, compatta, del governo Renzi. Compreso il senatore “trentino” del Pd Giorgio Tonini: “Penso che sia un quesito modesto nella sua portata e ambiguo nel suo significato; non adrò a votare”. Chi, invece, domenica dovrebbe recarsi ai seggi, in modo altrettanto compatto, sono i cristiani. “I cristiani hanno l'obbligo di pensare, riflettere e partecipare; quando c'è un appello al voto, prenderne parte è importante”, ammette don Rodolfo Pizzolli, delegato vescovile per la Pastorale sociale e lavoro, compresi il settore ambientale e la salvaguardia del creato. “La Diocesi di Trento non ha espresso nessuna valutazione ufficiale su questo referendum – chiarisce Pizzolli – ma la posizione è chiaramente quella di essere delle persone che custodiscono l'ambiente e che si impegnano al massimo perché dal punto di vista energetico si passi in fretta dagli idrocarburi alle fonti rinnovabili. Noi come Diocesi, in tal senso, abbiamo anche fornito un esempio concreto con gli interventi fatti in Duomo e sul sistema di riscaldamento e illuminazione del nuovo centro culturale”.

Bando ai fossili, dunque. “Ma con calma”, spiega Tonini. “Qui non è in discussione la politica energetica del governo – dice il senatore dei democratici – che è, tra l'altro, la stessa di tutti gli italiani. Il referendum pone una questione inutile. Perché siamo tutti d'accordo sull'attuare un processo serio di riconversione energetica che porti il nostro Paese a essere indipendente dal petrolio, ma per farlo ci vuole tempo. Non si può rinunciare da un giorno all'altro al contributo dei fossili. Già abbiamo detto no al carbone, ma per il petrolio e soprattutto per il gas dobbiamo aspettare. E se una parte di queste risorse si possono estrarre dal nostro territorio, io non vedo nessuna ragione valida per bloccarle”.

Questione di punti di vista. “Un'economia basata sugli idrocarburi non ha prospettive e fa i suoi danni – continua Don Pizzolli -; non va certo demonizzata perché ha consentito all'umanità una fase di prosperità, ma oggi abbiamo a disposizione tutte le tecnologie per superarla definitivamente”.

Le quote di gas e petrolio estratte attualmente nella Penisola sono minime e contribuiscono in modo modesto al fabbisogno energetico complessivo (non raggiungono il 10%). Ma allora perché – visto che siamo tutti d'accordo sulla riconversione – non rinunciarvi fin da ora? Interessi? Opportunità politiche? Posti di lavoro? “Credo che il dibattito su questo referendum sia stato fin troppo strumentalizzato – conclude Tonini – e trovo un po' sciocco che si chiamino i cittadini a esprimersi su questo quesito; che vinca il sì o il no alla fine non cambierà nulla. Io poi quella legge l'ho votata in aula, è assurdo ora che mi comporti diversamente”.













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