Camini troppo fumosi È disfida in Cassazione
Dopo i lavori di ristrutturazione del vicino, una donna si è trovata terrazzo e camere invase dal fumo. Per i supremi giudici è da valutare il diritto alla salute
TRENTO. Quel fumo che «avvolgeva» il terrazzo ed entrava nelle stanze ogni volta che il vicino di casa accendeva la stufa a legna era proprio insopportabile. E così - vista l’impossibilità di risolvere la questione con una chiacchierata a due - la signora ha preso un avvocato e la questione del fumo è arrivata in tribunale. Ma sia in primo che in secondo grado, i giudici le hanno dato torto e così la vicenda è arrivata in Cassazione. Cassazione che ha accolto parzialmente il ricorso puntando sul diritto alla salute e ad un ambiente salubre, diritti di cui deve godere anche la signora. Tutto ha inizio quando il proprietario dell’edificio antistante a quello della donna aveva eseguito dei lavori di ristrutturazione e aveva modificato la posizione di 2 camini. E questo, aveva creato dei problemi: il fumo del camino più vicino aveva infatti invaso, in modo insopportabile, il terrazzo e le camere della donna. E questo succedeva ogni volta che veniva accesa una stufa alimentata a legna. Come detto sia in primo che in secondo grado le doglianze della signora «affumicata» non sono state accolta e si è quindi arrivati alla cassazione forte di due punti. Con il primo si sosteneva il mancato rispetto delle distanze dei camini dalle costruzioni vicine richiamando un dpr del 1970. Ma qui la Cassazione non ha dato ragione alla donna sostenendo che quelle regole valgono per comuni con popolazione superiore ai 70 mila abitanti mentre in questo caso siamo in una frazione di un comune che non supera i 1.300 abitanti. Ma la suprema corte ha invece accolto il secondo motivo del ricorso con il quale la donna si lamentava dell’«omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione riguardo alla tollerabilità dei fumi e delle immissioni provenienti dal camino di casa» sostenendo che il perito non aveva chiarito in appello se i fumi fossero o meno tollerabili ma si sarebbe limitato ad affermare che le «immissioni erano inevitabili». E quindi nella sua sentenza la Cassazione sottolinea come la corte trentina non abbia «tenuto conto che in primis avrebbe dovuto accertare la denunciata intollerabilità delle immissioni rapportate al diritto alla salute nonché al diritto ad un ambiente salubre della persona che subiva le immissione di cui si dice. La Corte di merito avrebbe dovuto, pertanto, effettuare una valutazione concreta e media fra i contrastanti diritti dei proprietari dei fondi oggetto di controversia». E alla luce di tutto questo la Cassazione ha rigettato il primo motivo, accolto il secondo, cassato la sentenza impugnato e rinviato la causa ad un altra sezione della corte d’appello di Trento.
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