Bloccato il centro islamico a Trento, il Tar dà ragione ai residenti

Le motivazioni del pronunciamento dei giudici: «Troppo grande, funzione non complementare al contesto residenziale»


Chiara Bert


TRENTO. Il centro culturale islamico di Gardolo è ormai pronto ma non potrà aprire. Il Tar ha dato di nuovo ragione ai residenti di via Soprassasso: l'autorizzazione rilasciata dal Comune «è illegittima», un centro culturale così grande «non è complementare al contesto residenziale circostante, per ciò che ne deriva in termini di traffico e necessità di parcheggi». Una sentenza è arrivata a tempo record, solo due mesi dopo il ricorso presentato da 5 abitanti della zona, rappresentati dagli avvocati Nicola Giuliano e Gianpiero Luongo. I residenti avevano di fatto riproposto le contestazioni dei precedenti due ricorsi (quello del 2008 di Gianni Bort al Tar e quello dello scorso febbraio al capo dello Stato): quella di Gardolo sarebbe una moschea sotto le mentite spoglie di un centro culturale, destinata a provocare un carico di persone e di traffico insostenibile per la zona. Il Tar ha parzialmente accolto il ricorso giudicando illegittima la Dia, (dichiarazione d'inizio attività) relativa al nuovo progetto della comunità islamica, non più «centro culturale-religioso», la contestata moschea, ma semplicemente «centro culturale» a cui sono stati tolti i riferimenti religiosi. Nelle 12 pagine della sentenza, i giudici chiariscono che non si tratta di una «moschea cammuffata»: il nuovo progetto - scrivono - «ha infatti eliminato la grande sala centrale di 220 metri quadrati e il mihrab, la nicchia orientata verso la Mecca a cui i fedeli musulmani si rivolgono per pregare, che avrebbero inequivocabilmente caratterizzato l'edificio come luogo di culto». La distribuzione interna prevede ora più sale, la più grande di 129 metri quadri, «ed è quindi plausibile che ora la destinazione d'uso sia effettivamente quella di sede di un'associazione culturale e religiosa». Il problema, rileva però la sentenza dando qui ragione ai ricorrenti, è che per le sue dimensioni il centro culturale «non rientra tra le funzioni urbane integrabili con la residenzialità della zona» previste dall'articolo 36 delle norme di attuazione del prg, quali sedi di associazioni politiche, sindacali, culturali e religiose. «È chiaro che locali di superficie così ampia (500 metri quadri) sono destinati ad ospitare - per le numerose attività svolte a favore della comunità islamica che conta oltre 10 mila persone - riunioni di un gran numero di associati», con tutto ciò che ne deriva in termini di adeguatezza della viabilità e dei parcheggi. Prudente l'assessore all'urbanistica Paolo Biasioli: «La sentenza è esecutiva e blocca l'apertura del centro culturale. Abbiamo massimo rispetto delle sentenze, nei prossimi giorni faremo tutte le valutazioni necessarie, su questo e su altri casi analoghi».

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