il caso

Bistecca e salumi, i trentini non rinunciano

Nei supermercati la richiesta è rimasta costante. «Il calo c’è stato ma da tempo: la dieta è cambiata»


di Claudio Libera


TRENTO. Il fatto che la carne lavorata sia cancerogena mentre quella rossa, in generale, lo sia probabilmente, sembra non turbare più di tanto i consumatori trentini. I clienti di iper e supermercati che comunque sono regolarmente in fila – anche se siamo alla fine del mese - al banco delle carni.

E la nuova classificazione della Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sui tumori dell’Organizzazione mondiale della sanità che si occupa di stabilire il rischio cancerogeno delle diverse sostanze, sembra aver suscitato più ilarità che preoccupazione. All’IperPoli di via del Brennero, il vicedirettore Massimo La Giorgia, supportato dal responsabile di reparto, afferma che «non abbiamo riscontrato cali nelle vendite, anzi. Il nostro punto vendita – proseguono – strategicamente situato nella zona sì residenziale ma pure degli uffici, non ha registrato variazioni nei gusti e negli acquisti. Solo qualche battutina, compresa quella sentita in più occasioni, che si tratti di una leggenda metropolitana per deviare l’attenzione da problemi ben più gravi come quello della Volkswagen ad esempio».

«Le persone sono orientate - dicono -: sanno cosa scegliere; qui la filiera è tutta locale, il vitello è trentino doc e la specialità che va per la maggiore in questo punto vendita è il macinato».

Alla Conad di vicolo dell’Adige, il titolare Andrea sta sistemando i fornitissimi banchi di verdura e frutta. «Non abbiamo notato particolari cali – esordisce – anche se per la verità questi si sono verificati ed accentuati negli ultimi cinque anni. Quindi nulla a che vedere con le carni rosse. E non si tratta, per quanto abbiamo capito, solamente della crisi ma di un cambio negli stili di vita per tante persone. Quindi vegetariani, anche vegani ma poi il consumo casalingo si è contratto ed attestato su una volta in settimana piuttosto che nella quasi quotidianità. Ma questo da tempo".

Nessuna paura: "Non ho avvertito questa sensazione; per il resto - prosegue - parlare di carne trentina diventa quasi eufemistico. Lo sappiamo tutti che in Trentino se ne produce troppo poca: raro è il vitello con le 4T, ovvero nato, allevato, macellato e sezionato qui da noi. Poi anche il discorso del km 0 non corrisponde a quanto si vorrebbe far credere in materia di risparmio. Vorrei comprendere perché se un prodotto che arriva dalla Sicilia costa 2, da noi deve valere due volte tanto!».

Sul caso interviene anche Giuseppe Fedrizzi, responsabile della Cooperazione di consumo della Federazione: «Tante persone ci hanno chiesto informazioni nei nostri supermercati, ma non stiamo registrando cali di vendite. La nostra filiera della carne è ormai consolidata e dunque i clienti possono stare tranquilli. Se l’allarme non dovesse cessare, non escludiamo di mettere dei cartelli nelle nostre macellerie per ricordare da dove viene la nostra carne».













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