Bertoni, il cronista che diventò re dei panini
Il coraggio di "rinascere" a 50 anni. Storia di Stefano, nato nella musica, una vita da giornalista poi rimasto senza lavoro. E adesso un'autorità dello street food
È vero, la passione del cibo l’ha sempre avuta. Ma chi l’avrebbe mai detto, anche solo cinque anni fa, che Stefano Bertoni sarebbe diventato sua eccellenza il panino gourmet di Trento? «Neppure io» confessa Bertoni. Perché nella “vita precedente” era giornalista e a cinquant’anni si è reinventato. Di brutto.
Stefano Bertoni, classe 1962, ha sempre avuto la fibra del capricorno: ostinato. Ecco perché il risultato finale - ossia “Il posto di Ste”, in fondo a Largo Carducci nel cuore di Trento, con i panini che fanno tendenza e questo improvviso successo personale - non dovrebbe sorprendere. Eppure, si sa, la vita ti porta dove vuole, talora nonostante le tue inclinazioni. E così è stato per Stefano, che si è calato subito in uno degli amori che mai ha lasciato: la musica. Già a dieci anni la maestra l’aveva scelto per cantare “Viva la gente” e lui s’era cimentato col microfono e una giacca di fustagno color oro al Concorso canoro «Pierino», nel locale sotterraneo della Vecchia Trento. Era il 1972: prime avvisaglie d’una carriera possibile. Poi Bertoni, allora capelli lunghi, al liceo s’era lanciato come voce da rocker del gruppo guidato da Marco Pangrazzi, i “Blue Night”, che si contrapponevano, nelle serate dei ragazzi di Trento, ai “Wrens” guidati da Paolo Cristofolini. Poi tanti, tantissimi gruppi, fino all’ultima esperienza con i “Dispaccio” sempre come cantante. E in mezzo? «Gli studi al Dams. Ho fatto la tesi sulla storia del Teatro Sociale di Trento dal 1818 al 1860. Ma quella tesi si inceppò subito perché chiusero per alcuni mesi la Biblioteca Civica dove c’erano i documenti più rilevanti per la mia ricerca».
E così anche quella volta Bertoni comincia una “nuova vita” con qualcosa che si inceppa. Aveva del tempo da occupare, la tesi era bloccata. Stefano inizia a scrivere per una fanzine edita da Bertelli, “Tam Tam”, pubblicando delle recensioni a dischi e a concerti. Scrive, scrive, scrive sempre di più. Fino a che Emilio Guariglia, dell’Alto Adige, lo incontra e gli propone di collaborare con l’inserto “Trento Express”. Bertoni entra nel mondo del giornalismo. Un mondo che abbraccia definitivamente quando ottiene l’incarico nell’ufficio stampa dell’Azienda Sanitaria: è il 2000. E poi? «E poi una lunga vita in un ufficio stampa con tante soddisfazioni e tante difficoltà quotidiane». Però è adesso che Bertoni sta bene con se stesso, giusto? «Sì. Con questa attività, dedicandomi alla cucina, ai panini, all’impresa, ho scoperto una mia nuova natura. Prima ero inserito in un contesto strutturato, molto gerarchico, con ruoli fissi, procedure e protocolli; qui invece, nel “Posto di Ste” sono solo, a capo di una barca solo mia. Ho capito cose di me che prima non capivo». Ad esempio? «Che so essere convincente, so essere il tuo Virgilio, la guida che t’accompagna e non ti fa mai cadere». Un altro mondo rispetto a prima. «Sai, prima potevo dire quello che volevo a un direttore dell’azienda, però se lui aveva la sua idea, quella rimaneva...». Beh, certo, gerarchie. Però ora, da capo, Bertoni avrà capito qualcosa che prima non capiva dei capi? «Alcune ragioni sì. Però è difficile se non impossibile fare dei paragoni».
Cronista e poi giornalista in un’istituzione, fino a quando, il 31 dicembre del 2011 si chiude un’altra epoca: scade il suo contratto all’Azienda sanitaria e Bertoni resta senza lavoro. E lì inizia un nuovo percorso, quasi per caso, come quella volta con la tesi. Vabbè, ma a cinquant’anni è un’altra cosa. «Tutta un’altra cosa, confermo. Ma non ci ho pensato. Avevo sempre coltivato una curiosità enogastronomica e quando mi sono trovato senza lavoro ho iniziato a cucinare ogni giorno. Ho scoperto che è molto rilassante e apre la strada alla creatività».
Alla creatività bisogna dare una strada, come si dà un nome a un panino.
«Mi può fare il panino “americano”?» chiede una studentessa. «Quanto ci vuole?». «Ci vuole un pochino di pazienza, ora accendo l’acqua: perché il pulled pork lo scaldiamo a bagnomaria» dice Bertoni. Sì, anche i particolari vanno spiegati. «La gastronomia è sempre un racconto».
Ma un racconto micidiale è l’avventura di Bertoni: lanciarsi a 50 anni e aprire un locale in centro storico a Trento. «C’erano tre posti disponibili: ho ragionato con i proprietari, alla fine ho scelto questo. E ho iniziato a fare i conti per capire quanti soldi ci volessero. Una montagna. Quasi centomila euro per avviarsi. Sono andato in banca e all’ufficio fidi mi hanno detto: “un altro bar? non ci sono soldi”. No, guardi - dico io - forse non ha letto il business plan, non è un bar. Niente da fare, in banca non mi filava nessuno». Ma Bertoni, capricorno, ormai s’è messo in testa che vuole fare il suo locale, vuole fare panini gourmet. «Ho saputo che c’era un bando dell’agenzia del lavoro per nuove imprese: mi ci sono buttato, corso di un mese, ho dovuto redigere di nuovo il business plan, grande selezione ma io ce l’ho fatta: ho potuto accedere ai fondi agevolati. Ora quel bando non esiste più. Sono tornato in banca, avevo un gruzzolo e anche un po’ di risparmi della mia compagna, Barbara: ho chiesto solo 20 mila euro, me li hanno concessi». Bisogna crederci. «Bisogna crederci tantissimo. C’era tantissima gente che diceva: ma ’ndo vot che’l vaga? Ho passato un periodo in cui dormivo 3 ore per notte». È stata un’epoca di nuova formazione? «Su tutto. Ho studiato la lavastoviglie, come si montano i cartongessi, le casse, ho imparato a lavorare con i fornitori: assaggiando tutto. Perché devo mettere il naso ovunque: il valore si costruisce se si tende sempre al miglioramento».
Quindi Stefano è riuscito a fare quello che tanti dicono a parole: “Mollo tutto e apro un bar”. «Proprio. E la cosa più difficile è farlo a casa tua». Però ora Bertoni ha trovato il suo posto. Il posto di Ste.