Associazioni parti civili contro Serafini
Sono 4 (Anpi, Arci, «Il gioco degli specchi» e giuristi democratici) e chiedono di entrare nel processo chiedendo i danni
TRENTO. Sarà il giudice a decidere se ammetterle o meno ma sono già quattro le associazioni trentine che hanno intenzione di costituirsi parte civile contro il consigliere circoscrizionale Paolo Serafini nel processo per direttissima di domani. Il reato che gli viene contestato dalla procura è quello - pesantissimo - di diffamazione aggravata dall’odio razziale per le frasi che l’autista-politico (espulso da Progetto Trentino) ha rivolto sulla sua pagina di Facebook alla ministra Cecile Kyenge.
La decisione di costituirsi parte civile è già stata presa dall’Anpi, dall’Arci, «Il gioco degli specchi» e l’associazione giuristi democratici. L’elenco potrebbe però allungarsi perché ci sono altre realtà - locali e non - che si sono sentite tirate in ballo dalle frasi di Serafini. Ma non è certo che l’ammissione sia possibile e l’ultima (e unica) parola spetta al giudice Guglielmo Avolio che presiederà la direttissima. Due sono le condizioni per le persone giuridiche. Ossia che nello statuto dell’associazione sia indicata in maniera chiara la questione attinente la causa (e quindi il lavorare a favore dell’integrazione o contro le discriminazioni) e poi che si sia fatto qualcosa di concreto sul tema in questione e quindi organizzato eventi o promosso campagne. Con la costituzione di parte civile c’è anche la richiesta di risarcimento che per ora non è stato quantificato. E questo dipende anche dalla piega che prenderà il procedimento. Ossia se Serafini (che per la sua difesa si è affidato agli avvocati Nicola benvenuto e Marco Vernillo) deciderà di voler affrontare il processo o se opterà per il patteggiamento. In questo secondo caso non è previsto il risarcimento ma sarà fatta richiesta che le spese legali (che sono a carico dell’imputato) si trasformino in un assegno a favore delle associazione costituite. Insomma è una situazione ancora fluida che prenderà una forma domani mattina.
Ma facciamo un passo indietro arrivando alla scorsa settimana quando sulla pagina Facebook del consigliere circoscrizionale approdato a Pt dopo un passato nella Lega, compare il «torni nella giungla» riferito al ministro Kyenge. Sono i giorni in cui l’Italia è scossa dalla frase di analogo tenore del senatore Calderoli e su Serafini si scatena la bufera. Il Pt lo espelle e da più parti arrivano dure prese di posizione contro l’«invito». Si muove anche la procura che ordina l’immediato oscuramento della pagine del social network con un decreto del procuratore Amato, lo stesso che ha iscritto Serafini sul registro degli indagati per diffamazione aggravata dall'odio razziale e che ha chiesto il giudizio per direttissima. Per la procura le frasi postate da Serafini sul suo profilo Facebook sono altamente lesive dell'onore e del prestigio della ministra. L'accusa, infatto, ritiene che la prova sia evidente. E la prova sta proprio nelle frasi postate da Serafini sul suo profilo Facebook. Quell'invito a tornare nella giungla a un ministro in carica è sembrato alla Procura un insulto da perseguire.
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